Larth Perkalina, l’etrusco del Po

Fu il mio popolo a introdurre in queste terre boreali la magia della cattura delle parole, che permise a tutte le genti padane di cimentarsi in un grande balzo verso il nuovo. E la scrittura conquistò ogni plaga della pianura, viaggiando su una rete di strade religiosamente orientate e accuratamente pavimentate dai nostri avi. Percorrendo una di queste strade la mia famiglia, lasciata Pisa alle foci dell’Arno, superate le giogaie del monte Appennino, si stabilì sulle sponde di un fiume ancora più grande, fiera di avere calcato le orme del nostro patriarca Tarconte.
Fu il mio popolo ad aprire le proprie case a mercanti di paesi lontani le cui imbarcazioni risalivano le correnti del grande fiume, per introdurre nel cuore della pianura i prodotti dell’artigianato dei mari orientali. Fu il mio popolo a trasformare la foresta originaria della grande pianura in una campagna ordinata, nella quale l’acqua non ristagna, defluendo a valle nei fossati e nei canali. Vi cresce la vite, maritata all’olmo, vi pascolano greggi di pecore dalle lane pregiate. Fu il mio popolo a convertire i popoli padani al consumo del vino, assaporato assieme agli amici in feste in cui tutti si diventa uguali, anche gli ospiti delle più varie provenienze, anche chi parla lingue straniere.

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