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LA VENERE DI CHIOZZA

La famosa Venere di Chiozza oltre a racchiudere misteri che forse non riusciremo mai a sviscerare completamente, come altri reperti di questo genere, ha una storia altrettanto misteriosa.

Ufficialmente fu rinvenuta nelle cave Alboni di Chiozza di Scandiano il giorno 11 settembre 1940 dallo storico locale, il marchese Luigi De Buoi, medico chirurgo di Arceto. Su richiesta di Mario Degani, allora segretario della Commissione dei Musei Civici di Reggio Emilia, egli la consegnò ufficialmente poco tempo dopo. La trovò fra i ciottoli che i cavatori buttavano sui bordi delle cave onde raccogliere solo argilla pura da destinare alla fabbricazione di laterizi nell’adiacente fornace.

Da allora ad oggi però sono state diverse le rivendicazioni di primogenitura del prezioso reperto da parte di operai che allora lavoravano nelle cave e pertanto, se non si tratta di mitomania, ciò fa pensare che la vicenda non si sia svolta in modo così lineare.

Ma i misteri non terminano qui.

Il manufatto, nonostante Degani fosse avvocato e non archeologo, fu da lui bene inquadrato tipologicamente e di conseguenza anche cronologicamente. Si tratta infatti di una statuetta in pietra, di tipo “steatopigio”, raffigurante quindi una donna grassa; condizione femminile tipica del paleolitico superiore, periodo preistorico che ai tempi di Degani era anche definito “miolitico”.

La venere fu realizzata su un ciottolo fluviale di arenaria a grana fine di colore giallognolo, roccia comune nel nostro Appennino. Come capita solitamente in queste figurine femminili, spiccano gli attributi sessuali, mentre mancano piedi, braccia e viso. Non sappiamo a cosa servissero queste statuette, ma due sono generalmente le ipotesi: una le collega ad un culto della dea-madre, mentre l’altra le collega a riti sessuali e della fertilità.

Reperti in pietra di questo tipo cominciano ad apparire in Europa a partire dall’inizio del Paleolitico superiore (circa 40-35.000 anni fa) e continuano ad essere prodotti fino alla conclusione della glaciazione di Wűrm (circa12-10.000 anni fa). La nostra, trovata fuori contesto, è di difficile datazione, ma, se si tiene conto della scarsa importanza che nel realizzarla è stata data alla steatopigia, potremmo essere in una delle fasi più recenti di questo periodo.