Collezioni e raccolte – Palazzo dei Musei

Museo “Gaetano Chierici” di Paletnologia

Diretta espressione del lavoro culturale del fondatore, il sacerdote Gaetano Chierici, la collezione è preziosa testimonianza della scienza e della museologia del tardo Ottocento. Nel 1862 Chierici ordina il Gabinetto di Antichità Patrie, ampliato nel 1870 come Museo di Storia Patria, il cui nucleo fondamentale è la Collezione di Paletnologia. Conservata negli arredi e con l’ordinamento originari, essa rappresenta la più diretta espressione del lavoro di un paletnologo nell’età in cui la ricerca preistorica si afferma anche in Italia. L’esposizione si articola in tre serie. La prima riunisce i materiali archeologici della provincia di Reggio Emilia. Rimangono ad essa subordinate le due serie con materiali extraprovinciali, che illustrano rispettivamente l’archeologia di altre regioni d’Italia, e con quelli pertinenti a culture archeologiche ed etnologiche di altri paesi europei e di altri continenti. Una quarta sezione espone “sepolcri” trasportati intatti in Museo. Nella serie locale i materiali, esposti integralmente, sono ordinati entro sequenze cronologiche e suddivisi per provenienza, per materia, per tecnologia, per tipologia. In questo metodo di lavoro, di impronta positivistica, si valorizzano gli apporti della Geologia, delle Scienze Naturali, dell’Antropologia. Alla morte del suo fondatore (1886) la Collezione fu ribattezzata Museo “Gaetano Chierici” di Paletnologia.

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    La sequenza espositiva dedicata all’archeologia della provincia di Reggio Emilia costituisce il perno su cui si imposta l’intera collezione.
    A sottolineare la centralità della sezione locale gli armadi che la rappresentano si dispongono attorno alla spina che divide la sala in senso longitudinale. Vi si documenta l’evoluzione delle culture umane dall’Archeolitico (oggi definito Paleolitico) all’Età barbarica (o Alto Medioevo). Oltre metà dell’esposizione è dedicata alla Preistoria e Protostoria. L’interesse di Chierici per l’Archeolitico rimase sempre marginale. Questo studio lo portava ad affrontare la questione delle origini dell’uomo. L’industria litica nella prima vetrina, proveniente dalla fascia pedecollinare, risale alla fase più recente del Paleolitico Inferiore (circa 200.000 anni or sono). Alle culture neo-eneolitiche (V – III millennio a.C.) sono dedicate ben 15 vetrine. Nel Neolitico è prevalente quella dei “fondi di capanne” (strutture a pianta circolare infossata nel terreno), caratterizzata dall’associazione di ceramiche a decorazione incisa con strumenti in selce scheggiata. La fascia pedecollinare e la media pianura restituiscono le tracce dei più antichi insediamenti stabili del Reggiano. L’Eneolitico, secondo la definizione di Chierici, indica la transizione dall’età della pietra a quella dei metalli con un uso contemporaneo di strumenti in rame, in selce scheggiata ed in pietra levigata (III millennio a.C.). Un’intera vetrina è dedicata alla Tana della Mussina, frequentata con finalità sepolcrali. Dopo le discontinue testimonianze del Bronzo antico (XIX – XVII sec. a.C.), il Reggiano è caratterizzato, come tutta la pianura padana centrale, dalla cultura delle Terremare (XVI – XIII sec. a.C.). Il modellino esposto nella vetrina 18 rispecchia il punto di vista di Chierici su questi insediamenti: un abitato fondato nei pressi di un corso d’acqua, delimitato da un terrapieno quadrangolare, circondato da un fossato. II “I periodo dell’Età del Ferro” è illustrato dal sepolcreto di cultura protovillanoviana di Bismantova (XI – X sec. a.C.). Le tombe, a cassetta di arenaria, custodivano ossuari spesso di forma biconica con corredi di oggetti in bronzo, in vetro, in ambra. Al “II periodo” Chierici attribuiva i sepolcri di S. Ilario d’Enza, con tombe a inumazione e ad incinerazione (VI sec. a.C.). Il “III periodo” corrisponde invece alla massima fioritura dell’Etruria padana (V sec. a.C.), a cui risalgono gli abitati di Castellarano e di Servirola: impianti di tipo urbano, con edilizia in muratura, importazioni di ceramica greca, iscrizioni in lingua ed alfabeto etrusco. Fra le strutture di Servirola sono due pozzi (da lui denominati “del centro” e “del margine”) entro cui si raccolsero secchi in bronzo, ceramiche attiche, ma anche otto lingotti di rame ferroso, probabile indizio di una attività di culto. Cinque vetrine espongono i materiali dai poli della penetrazione romana, i municipia di Regium Lepidi, di Brixellum, di Tannetum e il vicus di Luceria. Di particolare interesse è la documentazione delle necropoli attorno a Brixellum. Nelle ultime due vetrine sono ordinati i corredi di alcune sepolture longobarde (VI e VII secolo d.C.).
    L’ordinamento dei materiali da altre regioni d’Italia tiene conto della provenienza degli oggetti: nell’ala orientale della sala è l’archeologia del versante adriatico della penisola, nell’ala occidentale quella del versante tirrenico. Soprattutto in questa sezione si manifesta l’orientamento politico del sacerdote Chierici, un convinto patriota: vi è rappresentata la realtà archeologica dell’intero Paese, dal golfo di Trieste al Mar Ligure, comprese le terre ancora irredente di Roma con il Lazio e del Goriziano. Ne fanno parte le importanti documentazioni del sepolcreto di Remedello Sotto (Bs), relative sia all’Eneolitico che all’Età del Ferro, corredi funerari della Puglia antica, materiali dall’isola di Pianosa, sulla quale fu esiliato Agrippa Postumo nipote di Augusto, corredi del sepolcreto ligure preromano di Cenisola (Sp).
    Nella terza serie espositiva sono presentati materiali provenienti “da luoghi fuori d’Italia”, in applicazione del metodo comparativo fra culture preistoriche e modelli primitivi contemporanei, in uso nell’ambito della nascente paletnologia. Il percorso espositivo ricalca quello della collezione paletnologica, da culture di cacciatori – raccoglitori a culture pienamente storiche. Sono di particolare interesse gli oggetti degli Aborigeni australiani, quelli di Sioux e Cheyenne e quelli dall’Abissinia. In anni recenti nelle vetrine iniziali della sala sono stati allestiti i cimeli e gli strumenti di lavoro archeologico appartenuti a Gaetano Chierici.