Uomo con bastone

Dal pavimento della Basilica di San Prospero, XII secolo Mosaico, cm 210x305

Giano Bifronte

Dal pavimento della Chiesa di San Giacomo Maggiore, XII secolo. Mosaico, cm 136x108

Novizio che offre da bere ad un frate

Dal pavimento della Cattedrale, XII secolo. Mosaico, cm 175x111

Uomo che abbatte un drago con la scure

Dal pavimento della Cattedrale, XII secolo. Mosaico, cm 175x111

Cervo assalito da un lupo

Dal pavimento della Cattedrale, XII secolo. Mosaico, cm 106x157

Il campanaro Milio

Dal pavimento della Cattedrale, XII secolo. Mosaico, cm 175x112

Rappresentazione del mese di Maggio

Dal pavimento della Chiesa di San Giacomo Maggiore, XII secolo. Mosaico, cm 163x86

Fase lunare con viso umano

Dal pavimento della Chiesa di San Giacomo Maggiore, XII secolo. Mosaico, cm 163x86

Maschera con due grifi uniti sotto il naso per la coda

Dal pavimento della Basilica di San Prospero, XII secolo Mosaico, cm 63x273

Uomo con clava sulle spalle

Dal pavimento della Basilica di San Prospero, XII secolo Mosaico, cm 210x305.

Segno zodiacale del Cancro

Dal pavimento della chiesa di San Tommaso, XII secolo. Mosaico, cm 170x120.

Segno zodiacale della Vergine

Dal pavimento della chiesa di San Tommaso, XII secolo. Mosaico, cm 126x127

Trame di pietra

Il vestibolo e l’atrio dei Musei Civici ospitano una preziosa raccolta di frammenti musivi di origine romana e medievale pervenuti in seguito a scavi e ritrovamenti compiuti presso abitazioni private ed architetture religiose cittadine. Discentium commodo, advenarum spectaculo (per servire agli studi, per il piacere dei visitatori) è l’iscrizione dipinta sul portone di ingresso, che chiarisce le finalità del Museo, vero tempio delle memorie patrie. Fra il 1873 ed il 1878 Gaetano Chierici allestisce il vestibolo e successivamente l’atrio. Il suo progetto espositivo sarebbe stato portato a compimento da Naborre Campanini fra 1910 e 1920. Nella parete frontale rispetto all'ingresso trovano posto i frammenti musivi provenienti dal pavimento medievale della Cattedrale di Reggio Emilia. Rinvenuto da don Gaetano Chierici nel 1879 in occasione del rifacimento della pavimentazione, dell’intero complesso musivo rimane un rilievo compiuto dal pittore Lazzaro Pasini attraverso il quale possiamo ricostruire le parti perdute e la disposizione originaria dei frammenti ora collocati nell'atrio del Museo. I mosaici dell’atrio fanno parte di due cicli che trovavano posto contemporaneamente all'interno di un sistema decorativo a cornici geometriche e quinconce. Il primo ciclo cui appartengono immagini come i Due rapaci dal con colli intrecciati e il Cervo assalito da lupo, è datato agli ultimi decenni del XI secolo, mentre immagini come Milio campanario e il Frate che porge un otre ad un ragazzo risalgono probabilmente al secondo quarto del XII secolo. Dagli scavi nell'area della scomparsa chiesa di San Giacomo Maggiore riemersero nel 1919, ad una profondità di circa due metri, i frammenti di un pavimento musivo nei quali erano raffigurate le personificazioni dei mesi attraverso le attività agricole e i relativi segni zodiacali e fasi lunari, in un sistema di dodici spazi. Il pavimento venne realizzato a seguito della committenza dell’arcidiacono Achille Tacoli, il quale avrebbe fatto costruire la chiesa tra 1140 e 1150. I mosaici risalirebbero all'inizio del XIII secolo e nei frammenti collocati presso il Museo compaiono le raffigurazioni parziali di alcuni mesi, Dicembre, Gennaio e Maggio con i relativi segni zodiacali, nonché dei segni di privi del corrispondente mese come nel caso dei Pasci e del Capricorno. A queste immagini si aggiunge un profilo umano, probabilmente raffigurante una fase lunare, e alcuni lacerti dell’iscrizione perimetrale. Sulla parete destra adiacente all'ingresso dell’atrio sono posti i frammenti musivi della chiesa di San Tommaso a Reggio Emilia, oggi scomparsa e datati alla fine del XII secolo, L’estrema parzialità di questo ciclo musivo non permette una lettura complessiva della decorazione pavimentale. Si può però supporre un sistema decorativo organizzato in tondi collegati assieme da tralci vegetali arricchiti da intarsi marmorei di tipo differente. Le immagini all'interno dei tondi seguivano il ciclo dell’anno astrologico come suggeriscono i frammenti pervenutici nei quali sono raffigurati i segni zodiacali del Cancro, Acquario e Primavera, cui sono accostati frammenti decorativi e di epigrafi.

Il campanaro Milio

Il frammento di mosaico proveniente dalla Cattedrale di Reggio racconta la storia di un personaggio maschile che si muove con sicurezza all'interno di uno spazio monastico, un orto od un giardino. Dopo aver compiuto i lavori a lui affidati, rappresentati dall'annaffiatoio appoggiato alla torre posta davanti a lui, l’uomo si appresta a suonare la campana. Ed ecco che all'interno del campanile si può leggere la scritta MI/LIO CA/PA/NA/RIUS, il campanaro Milio. L’immagine alquanto sorprendente, perché prima di una serie di rappresentazioni di scene di vita quotidiana del basso clero reggiano durante il medioevo, è descritta con ironia e gusto per il paradosso, come dimostrano le caratteristiche innaturali delle figure. Il campanaro appare inspiegabilmente alto quanto la torre campanaria, e il suo stesso nome, Milio, si ricollega attraverso un sottile gioco di parole, al termine in latino medievale milium, misura di percorso corrispondente a mille passi. Ed ecco allora che in maniera del tutto inaspettata prende forma davanti ai nostri occhi un parallelismo figurativo tra parola e forma, tra Milio, il campanaro cosi alto da raggiungere quasi la torre accanto a lui, e la torre stessa, simbolo per eccellenza della grandezza e della potenza. Rara è l’immagine della torre campanaria, in quanto più frequenti sono le rappresentazioni delle torri militari, rintracciabili soprattutto in scene di battaglia.

Novizio che offre da bere ad un frate

La vita quotidiana entra in maniera prepotente nelle raffigurazioni musive, e viene qui rappresentata dalla messa in scena di uno dei principi fondamentale dell’accoglienza monastica, l’atto di offrire da bere agli assetati. Il protagonista della scena è un monaco, la cui identità è resa riconoscibile sia dalla nera tunica che dalla presenza della tonsura. Il monaco sta consegnando o ricevendo dalle mani di un giovane, la cui corta tunica bianca fa supporre si tratti di un novizio, un contenitore per i liquidi. La presenza di una crusta rossa di forma circolare sulla guancia del monaco fa supporre che una delle sue attività preferite sia bere il vino, come d'altronde mostra anche il suo ventre rigonfio. La presenza di un testo in cui compare i termine bibulum sembra confermare l’amore del frate per il buon bere.