Il nuovo Palazzo dei Musei

La storia recente del Palazzo dei Musei inizia nel 2005 quando il progetto di ampliamento e adeguamento funzionale in corso si interrompe e l’Amministrazione Comunale trasforma questo impasse in un’occasione per aprire una riflessione più approfondita sul ruolo e le potenzialità della principale istituzione museale cittadina.
La riqualificazione di Palazzo dei Musei diviene così, insieme alla riqualificazione di piazza Martiri del 7 Luglio, uno dei punti fondamentali del Piano Strategico di Valorizzazione del Centro Storico.
La piazza insieme ai Teatri e al Palazzo dei Musei che la delimitano e, allo stesso tempo, la costituiscono, sono individuati fin da subito come un tutt’uno, come un unico grande foro civico.
In questo disegno di città pubblica viene chiesto a Palazzo dei Musei di interpretare il ruolo di attivatore di pensiero critico partendo dalle sue collezioni storiche, e quindi dal suo io più profondo, per aprire a visioni di futuro.

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    Un luogo dove la memoria si conserva, si elabora, si tramanda, ma soprattutto si usa. Un luogo che utilizza il suo patrimonio, davvero eccezionale per la sua vastità spazio temporale e per la sua complessità relazionale, per affrontare le questioni del nostro tempo. Un luogo diffusivo e dunque dialogante, ma al tempo stesso intimo e individuale, fatto per guardare, ascoltare e trovare ispirazione.
    Gli oggetti, le collezioni i personaggi e le storie che raccontano sono dunque l’architettura del museo. Per rivelarla ci si è rivolti all’architetto Italo Rota. Così è iniziato un percorso di sperimentazione che, dapprima nel 2010 con la mostra nel cantiere di Palazzo dei Musei L’amore ci dividerà. Prove generali di un museo e poi nel 2012 con la mostra Gli oggetti ci parlano ai Chiostri di San Pietro, ha portato ad aggiungere all’ethos del conservare il pathos dell’immaginare.
    Il percorso intrapreso ha puntato a rafforzare l’identità del Palazzo dei Musei, catalizzatore rispetto agli altri luoghi di conservazione della memoria, l’eccezionalità delle sue collezioni storiche, la complessità delle sue sedimentazioni e il suo nuovo rapporto con la città, partendo dall’essenza del museo: gli oggetti.
    Senza ridiscutere l’intervento esistente, Italo Rota ha ricostruito un filo rosso che lega e collega il vecchio con il nuovo, il piano delle collezioni storiche, in primis la Collezione Spallanzani, con il piano della Galleria Fontanesi e delle raccolte archeologiche, fino al terzo ed ultimo piano dove il museo si apre alla complessità e contaminazione della contemporaneità.
    Il confronto è con la generazione dei nuovi musei contemporanei che si offrono come opportunità individuale e collettiva in cui l’architettura e i materiali del museo si trasformano insieme in apparato museografico e diventano simultaneamente fonte di esperienza e tramite di conoscenza.