Coppa in ceramica a pareti sottili a pasta chiara con decorazione a rotella, seconda metà I sec. d.C.  Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini

C’è qualcosa di strano nello sguardo del Siro, ma non riesci a capire cosa. Porge il vassoio al tuo padrone, che taglia un pezzo di carne e la condisce abbondantemente con la salsa ai mirtilli preparata da Charis. «Squisita!» dice, riempiendosi la bocca.

Poi si alza da tavola e si mette a danzare tra i letti degli ospiti, gridando: «Squisita, squisita!». Poi scoppia a ridere con gli occhi spalancati e le pupille dilatate. Tutti gli invitati lo guardano sconcertati, stupiti dal fatto che un uomo composto come Quinto Giulio Alessandro possa essere ubriaco. Ma tu hai capito tutto: le bacche con cui Charis ha preparato la salsa non erano di mirtillo, bensì di atropa, belladonna! Una pianta velenosa! In preda al terrore gridi: «Chiamate Sosius, il medico! Il mio padrone è stato avvelenato!».
Subito si crea lo scompiglio, mentre Quinto Giulio Alessandro cade a terra in preda alle risa e alle convulsioni. Sosius, lo schiavo esperto nelle arti mediche, arriva portando con sé una brocca piena d’acqua, nella quale versa abbondante sale grosso. Costringe il padrone, che ormai ha le labbra blu, a bere la soluzione e subito questi comincia a rimettere, buttando fuori il veleno. Dopo qualche minuto sviene, sfinito ma ormai fuori pericolo.
«Abbiamo fatto appena in tempo!» dice Sosius, con la fronte imperlata di sudore «Ancora un minuto e sarebbe morto». Ti appoggi al muro e ti lasci scivolare a terra, distrutta. Ti accorgi solo ora che il Siro è sparito nella confusione. Immagini che con lui se ne sia andata anche Charis, che l’ha aiutato a mettere a punto il suo piano, sottraendo alla padrona le chiavi dello scrigno in modo da poter rubare i suoi preziosi orecchini e pagare, così, le bacche di belladonna.
Un piano di vendetta nei confronti di Quinto Giulio Alessandro, colpevole di essere un padrone, nonostante un tempo sia stato schiavo anche lui. «Ma uno schiavo può avere buoni sentimenti verso il suo padrone», pensi.

Ti riprometti che quando il tuo padrone si sarà ripreso darai il meglio di te e dimostrerai tutta la tua fedeltà alla famiglia. E chissà, forse un giorno, se tutto andrà bene, i tuoi padroni ti libereranno e tu potrai cominciare una nuova vita da liberta.

Basta solo un pizzico di fortuna!

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