Spada gallica dal monte Valestra, III sec. a.C.  Musei Civici di  Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini

Ti avvicini alla gabbia mentre il ragazzo ti fissa, immobile. Non potrà avere più di tredici o di quattordici anni ma è coraggioso come un uomo. Nello sguardo che ti rivolge leggi qualcosa che ti infastidisce: paura, certo, fierezza, ma anche qualcosa di più profondo. Odio, forse? Ti rivolgi a lui in latino: «Capisci quello che dico?», gli chiedi.
Il ragazzo annuisce. «Allora indicami dove posso far sostare il mio esercito ed entro stasera ti renderò la libertà», gli dici. Il ragazzo si illumina e punta il dito verso il bosco.  Seguendo le sue indicazioni arrivate in uno spazio aperto dove puoi dare ordine ai tuoi uomini di riposarsi e rifocillarsi prima di riprendere la marcia.
Dopo neanche mezz’ora di sosta il centurione Lucio Sempronio Fosco corre a dirti che il ragazzo è riuscito a fuggire forzando la porta della sua prigione mentre i soldati di guardia si riposavano. «Lasciatelo andare», dici, «la sua fuga non ci causerà un grande danno». Eppure mentre pronunci queste parole il tuo istinto ti dice che forse non sarà davvero così. Guardi il bosco e non riesci a scacciare l’impressione che ci sia qualcosa che non va. Poi, con la coda dell’occhio, noti un movimento tra i rami degli alberi: qualcuno si muove nel bosco. I Liguri vi hanno trovati, il ragazzo vi ha traditi!

Dev’essere andato dritto fino al villaggio ligure più vicino per segnalare ai guerrieri la vostra posizione! «Un’imboscata!» gridi a gran voce, ma è troppo tardi: i Liguri, nascosti nel bosco, vi attaccano con archi, frecce e con fionde cariche delle temibili ghiande missili. Una di queste ti colpisce, ferendoti un braccio. Sul proiettile, incisa nel piombo, intravedi una scritta che riporta il nome di colui che doveva essere colpito: Marcus Aemilius Lepidus, tu. Ti guardi intorno e vedi che il tuo esercito è allo sbaraglio: l’attacco a sorpresa vi ha messo in grave difficoltà. Non resta che un’unica cosa da fare: «Ritirata! Ritirata, uomini!», gridi. L’araldo dà il segnale di ritirata con la tromba e l’esercito si dà a una precipitosa quanto vergognosa fuga. Mentre scendi dal monte alla testa dei tuoi uomini pensi ai tuoi sogni di gloria che stanno sfumando: il Senato non sarà indulgente quando saprà della tua disfatta, presto dovrai rendere conto a Roma di tutti gli errori compiuti. E Roma non dimentica.

Roma non perdona.

 

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