NOI
Storie di comunità, idee, prodotti e terre reggiane
NOI lavoriamo la terra
Carro agricolo
XIX sec.
Villa Aiola, Reggio Emilia
XIX sec.
Villa Aiola, Reggio Emilia
Farm cart
19th century
Villa Aiola, Reggio Emilia
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Nel corso dei secoli, il carro agricolo a quattro ruote è una presenza ricorrente nel paesaggio rurale del Reggiano. Molto più di un semplice strumento da lavoro, il carro accompagna i cicli stagionali delle coltivazioni, le ricorrenze liete e meno liete della vita famigliare (dai matrimoni ai funerali), i trasferimenti periodici dei mezzadri.
Tra gli attrezzi del contadino si distingue per la complessità tecnica, che si perfeziona tra l’Ottocento e l’inizio del Novecento.
A partire da una selezione di essenze di legno specifiche per ciascuna parte del veicolo, i carri reggiani sono realizzati interamente ad incastro, senza utilizzo di collanti.
Si compongono di pochi elementi fondamentali a cui sono richieste prestazioni specifiche.
Il “letto”, formato da una sequenza di assi longitudinali, può sopportare fino a 25 quintali di peso e trattenerli grazie alla conformazione a “V” molto aperta del piano di carico.
Nella ruota, che è la componente maggiormente soggetta ad usura, si dispiega tutta la sapienza artigianale del carradore. Il momento più delicato della costruzione del carro è l’attimo cruciale in cui il cerchio di ferro infuocato (e quindi dilatato) è fatto calzare sulla corona di legno: rapidamente raffreddato, la cinge in una morsa potentissima, garanzia di resistenza nel tempo.
I carri reggiani, però, non rispondono solo a esigenze pragmatiche di robustezza, capacità di carico, maneggevolezza. Il “bacalèr”, l’asse trasversale su cui s’incastrano le doghe del letto, si arricchisce di fitte decorazioni a intaglio, che testimoniano lo status sociale del proprietario e si fanno portatrici di messaggi apotropaici e propiziatori.
Ad allontanare il diavolo servono anche le “maledizioni” in ferro battuto, che si allineano sulla trave di connessione tra i due carrelli. Al tempo stesso raffinate e inquietanti, popolate di figure antropomorfe, fitomorfe e zoomorfe, le maledizioni conservate sui carri sono la testimonianza preziosa del simbolismo di una cultura contadina “magica”, ricca di credenze esoteriche e intrinsecamente legata alla terra.

© Carlo Vannini