a cura di Georgia Cantoni
in collaborazione con Fondazione Mondinsieme 

Gli oggetti venuti da lontano sono portatori di significati e pensieri, reali punti di contatto che aprono alla conoscenza, ad altre visioni e nuovi sentimenti. Il ciclo di incontri vuole essere un invito a esplorare le diversità e le influenze reciproche tra le culture attraverso le collezioni etnografiche dei Musei Civici di Reggio Emilia insieme ad autori, ricercatori, artisti che stanno tracciando nuovi percorsi, cammini da intraprendere per sentirsi parte, tutti, di un unico patrimonio culturale che ci unisce.

Palazzo dei Musei
via Spallanzani, 1

Martedì 21 maggio, ore 18.00
Giornata Mondiale della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo
Paolo Pecere, Luciano Bosi, Elisa Cattani
presentazione e reading musicale del libro
Il senso della natura. Sette sentieri per la Terra
di Paolo Pecere (Sellerio Editore, 2024)

Un viaggio nella storia del pensiero, nel passato e nel futuro della Terra, nei territori dove l’uomo incontra ciò che non è umano e si appresta a un dialogo 

IL SENSO DELLA NATURA. SETTE SENTIERI PER LA TERRA | Guardare negli occhi un orango, un polpo, uno squalo balena. Mettersi in cammino per capire un deserto, una foresta o una catena montuosa attraversando le tradizioni del pensiero umano. Muoversi da New York alle Galápagos, dall’Islanda al Borneo, dal Ruanda al Tibet, per immergersi nella nostra casa, il pianeta che dobbiamo amministrare.
Un pianeta di cui bisogna scrivere il futuro: negli ultimi anni è stato riconosciuto l’impatto distruttivo della civiltà umana sulla natura, reso evidente da catastrofi climatiche, estinzioni di intere specie animali, desertificazione e scomparsa di paesaggi. Eppure, questa consapevolezza non produce alcun reale cambiamento nei nostri modi di vivere, nelle soluzioni adottate dalle società industriali per evitare la calamità. Al tempo stesso, assistiamo al diffondersi di un amore appassionato e di una profonda nostalgia per la natura incontaminata, rifugio dall’assordante disarmonia del mondo. È sicuramente un sentimento genuino, ma del tutto inadeguato a proteggere la Terra.
Da questa scissione paradossale, consapevole che la sola verità scientifica non sembra sufficiente a scuoterci, inizia il percorso di Paolo Pecere. Studiare e attraversare le città, con il loro apparente isolamento dall’ambiente e la loro dipendenza dalle risorse naturali, spostarsi sulle montagne e sotto gli oceani, esplorando l’origine della nostra coscienza, l’idea di un ordine cosmico, il rapporto tra umano e ciò che ci appare profondamente altro, diverso da noi, gli animali, le piante, l’acqua e la pietra, il paesaggio. Qual è oggi, allora, il vero senso della natura, quel sentimento che siamo chiamati a ritrovare o immaginare di nuovo? Potrebbe significare «amare chi non è come noi», oppure restare in silenzio e guardare il mondo attraverso occhi che non sono i nostri. O forse smettere di scrutare sempre e ossessivamente noi stessi.
La scoperta di una cura del mondo, una nuova definizione dell’ecologia, quella «scienza magnifica che è diventata triste», hanno bisogno di una visione del futuro che immagini altri modi di percepire la natura, e di un recupero della nostra memoria biologica che ci faccia avvertire l’unione indissolubile, vivente, organica e inorganica di tutto ciò che esiste sulla Terra.


Paolo Pecere insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre. Si occupa dei rapporti tra filosofia, scienze della natura e psicologia nell’età moderna e contemporanea. Tra i suoi libri, “La filosofia della natura in Kant” (Pagina, 2009), “Dalla parte di Alice. La coscienza e l’immaginario” (Mimesis, 2015), “Soul, Mind and Brain from Descartes to Cognitive Science. A Critical History” (Springer, 2020), “Il dio che danza. Viaggi, trance, trasformazioni” (Nottetempo, 2021) e i romanzi La vita lontana (LiberAria, 2018) e Risorgere (Chiarelettere, 2019).

Luciano Bosi, esperto musicale e collezionista, presenza già nota al pubblico reggiano. Percussionista, organologo, etnomusicologo e didatta, improvvisatore formale che organizza suoni e silenzi narranti a geometria e geografia variabile. Dal 1979 svolge un’intensa attività di ricerca sullo strumentario a percussione, ed in particolare sulle connessioni con altri ambiti di studio quali l’etnografia, l’antropologia, la didattica e la musicoterapia. La sua trainante e peculiare visione esistenziale confluisce in “Quale Percussione?”, progetto che vanta una collezione di oltre 3.000 strumenti a percussione provenienti da tutto il mondo acquisiti in oltre 30 anni di raccolta sistematica, attualmente custoditi e fruibili nel museo-laboratorio attivato in convenzione con il Comune di Modena. Dal 1982 Luciano Bosi svolge un’intensa attività didattica, formativa e di ricerca, con una particolare attenzione all’aspetto interculturale sia in ambito scolastico che extrascolastico: per le scuole realizza progetti e percorsi strutturati per lo più su tematiche multidisciplinari; per l’extrascuola (adulti e adolescenti anche all’interno di strutture di recupero) conduce corsi, stages e laboratori sull’utilizzo delle percussioni quali strumenti di relazione e conoscenza di sè, sulla costruzione degli strumenti musicali, sulle tradizioni musicali di culture ‘altre’, sulle tecniche dell’ascolto attivo e sul rapporto tra musica e narrazione. Dal 1994 realizza allestimenti e arredi sonori per interni ed esterni destinati ad ambiti scolastici per la prima infanzia e ad altri spazi pubblici.



Il ciclo “Notizie dal Mondo” è dedicato al libro “Mondi. Dalle collezioni etnografiche dei Musei Civici di Reggio Emilia”, volume promosso dalla Fondazione Manodori e distribuito con una raccolta fondi a favore di progetti per i visitatori dei Musei Civici di Reggio Emilia.

 

Ingresso libero fino ad esaurimento posti 

Appuntamenti precedenti


Giovedì  15 febbraio, ore 18.00
Tomaso Montanari
“Se amore guarda.
Un’educazione sentimentale al patrimonio culturale”
(Einaudi, 2023)
presentazione del libro
l’Autore dialoga con Georgia Cantoni, curatrice delle collezioni etnografiche dei Musei Civici di Reggio Emilia

SE AMORE GUARDA | Il patrimonio culturale – le chiese, le grandi opere, gli umili selciati – può trovare un senso solo se ci permette di liberarci dalla dittatura del presente, dall’illusione di essere i padroni della storia, dalla retorica avvelenata dell’identità. Se ci restituisce l’amore necessario a coltivare ciò che in noi è ancora umano.

Abbiamo forse smarrito la ragione profonda per cui davvero ci interessiamo al patrimonio culturale e alla storia dell’arte: la forza con cui apre i nostri occhi e il nostro cuore a una dimensione «altra». La sua capacità di separarci dal flusso ininterrotto dell’attualità, per metterci in contatto con ciò che ci avvince alla vita, ciò che le dà un senso. Per vedere – per sentire – tutto questo, è però necessario riattivare la sua connessione con la parte piú intima della nostra anima individuale e collettiva; occorre una vera e propria educazione sentimentale. Come scrive Tomaso Montanari nelle pagine di questo saggio lucido e appassionato, il patrimonio culturale è la nostra religione civile, la nostra scuola di liberazione: non riguarda soltanto il paesaggio o le opere d’arte, ma riguarda soprattutto noi e quell’amore che tutto congiunge. Ogni sguardo posato in una chiesa antica, ogni piede che calpesta un selciato, comporta domande, risposte, interpretazioni. Cosí, passo dopo passo, lentamente, riattribuiamo significato alle cose e ai luoghi fino a sentirli parte, quasi estensioni, dei nostri corpi: perché solo quelli danno senso alle pietre e ai quadri. E perché soltanto cosí il discorso sul patrimonio culturale potrà aiutarci a recuperare le ragioni di una convivenza universale, fondata sulla giustizia e sulla condivisione.

・ Tomaso Montanari, storico dell’arte, saggista, insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena, di cui è rettore. Si è sempre occupato della storia dell’arte del XVII secolo, cercando di rispondere alle domande poste dalle opere con tutti gli strumenti della disciplina: dalla filologia attributiva alla ricerca documentaria, dalla critica delle fonti testuali all’analisi dei significati, a una interpretazione storico-sociale. Tra i suoi ultimi libri “Privati del patrimonio” (Einaudi, 2015), “La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere” (Einaudi, 2016), “Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (Edizioni Gruppo Abele, 2017), “Contro le mostre” (con Vincenzo Trione, Einaudi, 2017), “Velázquez e il ritratto barocco” (2018), “L’ora d’arte” (2019), “La seconda ora d’arte” (2021), “Chiese chiuse” (2021), “Il nostro volto. Cento ritratti italiani in immagini e versi” (con Franco Marcoaldi, 2021) e “Se amore guarda. Un’educazione sentimentale al patrimonio culturale” (2023). Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni e, nell’estate 2017, ha promosso, con Anna Falcone l’esperienza di Alleanza popolare (o del “Brancaccio”, dal nome del teatro in cui si è svolta l’assemblea costitutiva). Collabora con numerosi quotidiani e riviste.


Sabato 3 febbraio, ore 16.00
Maria Pia Guermandi
“Decolonizzare il patrimonio. L’Europa, l’Italia e un passato che non passa” (Castelvecchi, 2021)
presentazione del libro
L’Autrice dialoga con Margherita Sani, Università di Bologna, membro del Consiglio Direttivo di ICOM Italia e Project Coordinator NEMO Network of European Museum Organisations 

DECOLONIZZARE IL PATRIMONIO | Il tema del patrimonio culturale come strumento privilegiato dell’egemonia culturale occidentale è emerso, prepotentemente, grazie al movimento Black Lives Matter e al rinnovato fenomeno di contestazione e rimozione di monumenti controversi dallo spazio pubblico. I movimenti decoloniali alla base di queste proteste sostengono una critica radicale del pensiero occidentale, motore delle forme di colonialismo sulle quali è tuttora incardinato il mondo contemporaneo. In Italia tali movimenti non sono mai diventati oggetto di una discussione allargata, tanto meno nell’ambito del patrimonio culturale. È un ritardo che ha impedito finora la rielaborazione critica dell’eredità culturale del nostro passato coloniale. Decolonizzare il patrimonio significa comprendere quanto di quel passato continua a operare nel nostro presente e assieme sperimentare un uso del nostro patrimonio più democratico e consapevole.

・ Maria Pia Guermandi è archeologa classica, già responsabile dell’Osservatorio Beni e Istituti Culturali della regione Emilia-Romagna e di numerosi progetti europei nell’ambito delle politiche del patrimonio, in particolare archeologico. Membro del consiglio di amministrazione della Pinacoteca di Bologna e del comitato scientifico del Parco Archeologico dell’Appia Antica. È coordinatrice di Emergenza Cultura e autrice di oltre un centinaio di pubblicazioni.



Sabato 25 novembre, ore 16.00
Carmen Covito
“Sadayakko, la Duse del Giappone.
Cronache della prima tournée di teatro giapponese in Italia (1902)”
(Clueb, 2023)
presentazione del libro
L’Autrice dialoga con Teresa Ciapparoni La Rocca, esperta di cultura giapponese 

SADAYAKKO, LA DUSE DEL GIAPPONE | Il 7 aprile 1902 al teatro Valle di Roma debuttò il primo spettacolo di teatro giapponese che si fosse mai visto in Italia. Era atteso con viva curiosità perché i critici europei avevano osato paragonare la primadonna della compagnia addirittura alla nostra Eleonora Duse. In realtà, Sadayakko (Koyama Sada, 1871-1946) non era un’attrice di prosa. Prima di diventare la moglie del geniale teatrante Kawakami Otojirō era stata una geisha di alto livello, abile nella danza e nel canto. Cominciò a recitare durante la tournée intrapresa dalla compagnia Kawakami nel 1899 in America, concludendola con uno straordinario successo personale nel dramma La geisha e il cavaliere all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. L’anno seguente la danzatrice-impresaria Loie Fuller portò i Kawakami attraverso l’Europa in una nuova, lunghissima tournée. Questo saggio ne ricostruisce la parte italiana per la prima volta in dettaglio, città per città, teatro per teatro, collocandola nel contesto culturale dell’Italia di inizio Novecento e nel suo mondo teatrale. Attraverso la copertura giornalistica degli spettacoli emergono gli impresari locali e i loro rapporti con la stampa, si delineano le reazioni del pubblico e i dibattiti degli intellettuali. Attori, commediografi e celebrità letterarie, da Adelaide Ristori a Gabriele D’Annunzio, andarono a vedere i giapponesi. Vignettisti e caricaturisti li disegnarono. Tutti i grandi nomi della critica italiana ne scrissero. Pochi seppero riconoscere nell’arte teatrale di Sadayakko l’amalgama transculturale tipico dei riformatori dell’epoca Meiji.

・ Carmen Covito autrice poliedrica e traduttrice, laureata in filosofia, nel 1992 pubblica per l’editore Bompiani “La bruttina stagionata”, libro che vince il Premio Rapallo-Carige “Opera Prima” 1992 e il Premio Bancarella 1993. È tradotto in tedesco, spagnolo, francese, olandese, greco, rumeno. Dal libro sono stati tratti un monologo teatrale (interpretato da Gabriella Franchini con la regia di Franca Valeri, adattamento di Ira Rubini) e il film omonimo (interpretato da Carla Signoris, sceneggiatura e regia di Anna Di Francisca). Nel 1995, pubblica il suo secondo romanzo: “Del perché i porcospini attraversano la strada”. Ai primi due romanzi fa seguito un terzo, una vera e propria immersione nel web: “Benvenuti in questo ambiente”.
Appassionata di archeologia scrive i romanzi “La rossa e il nero” (2002), “Le ragazze di Pompei” (2012), “Il processo di Giusta”, ambientato nell’antica Ercolano (2013).
Dal 2007 è socia fondatrice dell’associazione culturale Shodo.it che si occupa di diffondere la conoscenza della calligrafia sino-giapponese, di cui rimane vicepresidente fino al 2020, e dal 2011 dirige la rivista di studi online AsiaTeatro.
Negli ultimi anni si dedica prevalentemente alla ricerca come studiosa indipendente, focalizzandosi in particolare sulla storia della ricezione del teatro giapponese in Italia. Nel 2023 pubblica il suo primo saggio accademico, Sadayakko, la Duse del Giappone. 

Sabato 11 novembre, ore 16.00
Paolo Pecere
“Il dio che danza.
Viaggi, trance, trasformazioni”
(Nottetempo, 2021)
presentazione del libro
L’Autore dialoga con Luciano Bosi, esperto musicale e collezionista

Paolo Pecere insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre. Si occupa dei rapporti tra filosofia, scienze della natura e psicologia nell’età moderna e contemporanea. Tra i suoi libri, La filosofia della natura in Kant (Pagina, 2009), Dalla parte di Alice. La coscienza e l’immaginario (Mimesis, 2015), Soul, Mind and Brain from Descartes to Cognitive Science. A Critical History (Springer, 2020) e i romanzi La vita lontana (LiberAria, 2018) e Risorgere (Chiarelettere, 2019).

IL DIO CHE DANZA | “Il dio che danza” racconta i viaggi dell’autore sulle tracce di un fenomeno antichissimo e universale: la trance da possessione indotta dalla danza e dalla musica. Nell’antica Grecia veniva praticata in nome di Dioniso, il “dio folle” di Omero. Ma Dioniso era anche “dispensatore di gioia”: il dio “che scioglie”, “che libera”, lasciando che la vita rompa i margini fragili dell’io e delle norme sociali.

Il cammino di Paolo Pecere inizia dal tarantismo in Puglia, sulle orme di Ernesto de Martino, e, seguendo collegamenti storici e mitologici, prosegue in India Meridionale, dove nel theyyam gli dei entrano nel corpo dei danzatori, appartenenti alle caste piú basse. Approda poi in Pakistan, dove il pensiero scivaita teorizzava che “il sé è un danzatore” e i sufi vanno in estasi ruotando al ritmo della musica; in Africa, dove è possibile osservare le possessioni dello zâr e del vodu; infine in Brasile, dove il vodu, arrivato con la tratta degli schiavi, si affianca alle culture e ai culti indigeni, tra cui lo sciamanismo amazzonico. Nell’ultima tappa, New York, riemerge la questione che attraversa e guida tutto il percorso: che cosa resta di questo tipo di pratiche nel mondo odierno?

Le antiche forme assumono oggi nuove funzioni: nel subcontinente indiano le danze estatiche veicolano tensioni religiose e sociali, in Africa e Brasile sostengono l’identità culturale di chi è stato colonizzato, negli Stati Uniti si accompagnano allo sviluppo della cultura lgtbq. Lo sciamanismo dell’Amazzonia, infine, diventa principio di resistenza contro la distruzione capitalistica della grande foresta.

A dialogare con l’autore sarà Luciano Bosi, esperto musicale e collezionista, presenza già nota al pubblico reggiano. Percussionista, organologo, etnomusicologo e didatta, improvvisatore formale che organizza suoni e silenzi narranti a geometria e geografia variabile. Dal 1979 svolge un’intensa attività di ricerca sullo strumentario a percussione, ed in particolare sulle connessioni con altri ambiti di studio quali l’etnografia, l’antropologia, la didattica e la musicoterapia. La sua trainante e peculiare visione esistenziale confluisce in “Quale Percussione?”, progetto che vanta una collezione di oltre 3.000 strumenti a percussione provenienti da tutto il mondo acquisiti in oltre 30 anni di raccolta sistematica, attualmente custoditi e fruibili nel museo-laboratorio attivato in convenzione con il Comune di Modena.
Dal 1982 Luciano Bosi svolge un’intensa attività didattica, formativa e di ricerca, con una particolare attenzione all’aspetto interculturale sia in ambito scolastico che extrascolastico: per le scuole realizza progetti e percorsi strutturati per lo più su tematiche multidisciplinari; per l’extrascuola (adulti e adolescenti anche all’interno di strutture di recupero) conduce corsi, stages e laboratori sull’utilizzo delle percussioni quali strumenti di relazione e conoscenza di sè, sulla costruzione degli strumenti musicali, sulle tradizioni musicali di culture ‘altre’, sulle tecniche dell’ascolto attivo e sul rapporto tra musica e narrazione. Dal 1994 realizza allestimenti e arredi sonori per interni ed esterni destinati ad ambiti scolastici per la prima infanzia e ad altri spazi pubblici.


Sabato 25 marzo 2023, ore 16.00

presentazione del libro di Tamara Lavaggi
“L’altra scoperta.
Dal Cinquecento dei conquistatori al Duemila della prima senatrice nativa americana” (Corsiero editore)

Alla fine del XV secolo l’America era popolata da parecchi milioni di abitanti con differenti livelli di civiltà, disseminati su un territorio molto vasto. Molti di loro vivevano ancora allo stato naturale, ma altre civiltà erano già fiorite e si stavano spegnendo, mentre alcune prosperavano proprio in quel momento. Agli europei occorreranno secoli per avere un quadro completo degli insediamenti umani indigeni e per comprendere la loro vera natura: non solo il continente quindi, ma anche i suoi abitanti furono inventati, in quanto la loro diversità non poteva essere compresa. Nel momento in cui distrugge le culture amerindie, il conquistatore distrugge anche una parte di se stesso che non potrà mai più ritrovare.

Sabato 4 febbraio 2023, ore 16.00
Sulle rotte del Paravento.
Il pannello “Nanban” da Kyoto a Reggio Emilia

Floriano Terrano

Sabato 4 febbraio, alle ore 16.00 al Palazzo dei Musei, in via Spallanzani, 1, continua il ciclo “Notizie dal Mondo”, dedicato all’approfondimento delle tematiche legate alla collezione etnografica dei Musei Civici, con l’incontro condotto da Floriano Terrano “Sulle rotte del Paravento. Il pannello ‘Nanban’ da Kyoto a Reggio Emilia”. Il prezioso pannello “Nanban” di Reggio Emilia rappresenta una ricca nave sospesa tra realtà e allegoria, così come allegorici e realistici al tempo stesso sono i marinai che la abitano. L’incontro sarà l’occasione per ricostruire la storia affascinante di un’opera d’arte che, pur se più recente, ha uno stretto legame con un periodo storico ben circoscritto della storia giapponese, ossia gli anni tra il 1604 e il 1634. Siamo all’inizio dell’ Epoca Edo, quando i mercanti giapponesi padroneggiavano con le loro grandi navi i mari del Sud Est asiatico e oltre.

Un viaggio sulle rotte di un’opera che da Reggio Emilia fa salpare fino a Kyoto, dove si conserva il modello artistico, più antico e nato con una funzione diversa, del pannello esposto nei Musei Civici di Reggio Emilia.

Floriano Terrano scrive di arte, cultura e società dell’Estremo Oriente, Giappone in particolare. Organizza conferenze e rassegne dedicate a vari aspetti della società e della cultura estremo-orientale. Cura mostre di artisti giapponesi e dell’Estremo Oriente. Ha collaborato con numerosi enti e musei tra cui: Galleria Arte Giappone di Milano, Musei del Castello Sforzesco – Milano, Galleria Civica Modena, Fondazione Fotografia Modena, Accademia Militare di Modena, Comune di Maranello, Mabic Maranello Biblioteca Cultura, Museo di Arte Orientale “E. Chiossone” di Genova, Musei Civici di Reggio Emilia, Sagami Italia, etc.. blog www.higashishinbun.blogspot.com youtube 東新聞 HIGASHI SHINBUN

Ingresso libero

Venerdì 6 gennaio 2023, ore 16.00
“Narrazioni di ieri e di oggi per un viaggio senza confini”

Valeria Cafà, Musei Civici di Venezia Andrea Canova, Università Cattolica (Milano e Brescia) David Salomoni, Villa I Tatti, The Harvard University Center for Renaissance Studies

Venerdì 6 gennaio, alle ore 16.00 al Palazzo dei Musei, in via Spallanzani, 1, secondo appuntamento con il ciclo “Notizie dal Mondo”, dedicato all’approfondimento delle tematiche legate alla collezione etnografica di Palazzo dei Musei: all’incontro “Narrazioni di ieri e di oggi per un viaggio senza confini” intervengono Valeria Cafà, (Musei Civici di Venezia), Andrea Canova, (Università Cattolica di Milano e Brescia) e David Salomoni (Villa I Tatti, The Harvard University Center for Renaissance Studies)

Al termine dell’anno in cui si celebrano i 500 anni dalla conclusione del viaggio di Magellano, si parlerà, attraverso i documenti antichi che ne descrivono l’itinerario e i materiali etnografici che trasmettevano la visione contemporanea del mondo e dei suoi abitanti, della spedizione che fu momento decisivo per la nascita del moderno mondo globale insieme ai curatori delle due mostre che hanno presentato al grande pubblico questa epocale esperienza.

Andrea Canova, professore ordinario di Letteratura italiana, Università Cattolica (Milano e Brescia) e Valeria Cafà, conservatrice del Museo Correr – Fondazione Musei Civici di Venezia, sono i curatori della mostra Pigafetta e la prima navigazione attorno al mondo. ‘Non si farà mai più tal viaggio’” (6 settembre 2022 – 8 gennaio 2023, Gallerie d’Italia – Vicenza, catalogo Skira editore) voluta in occasione delle celebrazioni per i 500 anni dalla prima circumnavigazione del globo terrestre (1519-1522) guidata da Ferdinando Magellano, a cui partecipò il navigatore e scrittore vicentino Antonio Pigafetta.

L’esposizione (che ha il patrocinio del Comune di Vicenza, del Comitato nazionale per le celebrazioni “500 anni fa il primo viaggio attorno al mondo: Antonio Pigafetta, vicentino, cronista della spedizione di Magellano” e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) celebra la tappa conclusiva della spedizione e il ritorno della nave Victoria in Spagna, avvenuto il 6 settembre 1522. La mostra ha come protagonista il manoscritto della “Relazione del primo viaggio attorno al mondo” conservato nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, considerato il più antico testimone della versione originale redatta da Antonio Pigafetta e diventato testo di riferimento ai nostri giorni. Insieme al prezioso documento, affiancato da esemplari di cartografia del XV e XVI secolo e volumi a stampa antichi, è esposta una selezione di opere che rimandano alla conoscenza del mondo prima del viaggio, poste a confronto con opere che raccontano la nuova visione del mondo dopo il viaggio, presentando simbolicamente, attraverso materiali provenienti da diversi musei, anche le tappe più significative della spedizione: Brasile, Patagonia, Filippine, Indonesia/Molucche.

Alla mostra partecipano anche i Musei Civici di Reggio Emilia con il prestito del raro manto di guanaco dei fuegini della Patagonia che rientrerà a Reggio Emilia a conclusione dell’evento e sarà nuovamente visibile nelle collezioni etnografiche del Palazzo dei Musei dall’11 gennaio 2023.

David Salomoni (Villa I Tatti, The Harvard University Center for Renaissance Studies) è invece curatore scientifico della mostra in corso al Palazzo Ducale a Guastalla, Il giro del mondo in 500 anni (18 settembre 2022 – 31 gennaio 2023, catalogo Corsiero editore), organizzata dall’assessorato alla cultura del Comune di Guastalla in collaborazione con la Biblioteca Maldotti.

Anch’essa pensata in occasione del cinquecentesimo anniversario della prima circumnavigazione del mondo, la mostra vuole accompagnare il visitatore attraverso un viaggio a ritroso lungo l’evoluzione della rappresentazione del globo terrestre. Il materiale utilizzato è interamente conservato presso la Biblioteca Maldotti; tra gli obiettivi della mostra vi è quello di unire la dimensione globale del contenuto storico e geografico alla dimensione locale rappresentata dal patrimonio bibliografico maldottiano.

Il viaggio di Magellano ci racconta l’origine di una divisione del mondo che vedeva Spagna e Portogallo contendersi il dominio dei mari e dei futuri sviluppi commerciali dell’occidente. Insieme a Colombo e Vasco de Gama, questi viaggiatori posero le basi del moderno mondo globale. La mostra è una occasione per parlare della nuova percezione dei confini del globo, dei nuovi popoli scoperti nonché degli strumenti utilizzati nella navigazione. In un tempo in cui la tecnologia si avvaleva ancora del rapporto diretto con la natura, i punti di riferimento per orientare la via venivano dall’osservazione del cielo e delle stelle ed erano confermati dall’uso della bussola e dell’astrolabio. Per questo una sezione è dedicata al cosmo e alle costellazioni e, in alcune date prestabilite sfocia in esperienze immersive all’interno di un planetario mobile nel quale sono proiettate e commentate le conoscenze astronomiche dal tempo di greci e romani: conoscenze che ancora oggi sono alla base dell’orientamento spazio-temporale.

Domenica 18 dicembre 2022, ore 16.00
L’Africa tra responsabilità e fascinazione: le sciabole di Romolo Gessi
Valeria Isacchini, Gian Carlo Stella

Domenica 18 dicembre, alle ore 16.00 al Palazzo dei Musei, in via Spallanzani, 1, si terrà il primo appuntamento del ciclo “Notizie dal Mondo”: Valeria Isacchini, studiosa di storia dell’Africa, e Gian Carlo Stella, direttore responsabile della rivista “Il Corno d’Africa” terranno una conversazione dal titolo: “L’Africa tra responsabilità e fascinazione: le sciabole di Romolo Gessi”. Verranno narrate le vicende di Sulaymān ibn Zubayr e delle sue bellissime armi condotte dal Sudan in Italia da Romolo Gessi e che oggi fanno parte delle collezioni dei Musei Civici di Reggio Emilia. Per l’occasione, le sciabole di Sulaymān ibn Zubayr verranno esposte al pubblico per la prima volta.

 

 

L’iniziativa è ad ingresso gratuito e senza obbligo di prenotazione

Info:

0522 456816 Palazzo dei Musei, via Spallanzani, 1
Durante gli orari di apertura della sede. musei@comune.re.it