Giocattoli e miniature di suppellettili in piombo dal corredo funerario della giovane Julia Graphis, II sec. d.C. Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini

 

I giorni successivi sono terribili: passi continuamente dal delirio della febbre ad uno stato di incoscienza, in bilico tra la vita e la morte. Sosius, lo schiavo greco dotato di conoscenze mediche, resta accanto a te giorno e notte. Da ciò che dice ai suoi assistenti capisci che è riuscito a chiudere la ferita con piccoli punti puliti, ed ora non resta che sperare che non ci siano complicazioni. Se la lama dovesse aver ferito un organo interno il danno potrebbe essere irreparabile. Piano, piano ti riprendi e sembri riacquistare le forze…
Un giorno in cui sembri stare particolarmente bene, il padrone si siede accanto a te e con un sorriso ti dice una cosa che non ti saresti mai aspettata: «Graphis, cara, il tuo gesto è stato molto coraggioso e mi ha dimostrato tutta la tua fedeltà. Per questo ho deciso che è ormai tempo di liberarti! I documenti sono quasi pronti: non sei più una schiava, bambina mia, ma una liberta! Da oggi in poi prenderai il nome della mia famiglia e sarai chiamata Iulia Graphis». Ti riempi di gioia e stupore e gli butti le braccia al collo, commossa. Anche Quinto Giulio Alessandro sembra commosso. «Riprenditi completamente Iulia», ti dice «e quando sarai in forze penseremo anche alle tue nozze. Ho già fatto preparare per te una bambola di legno con tutto il suo corredo da donare a Venere quando diventerai sposa». Quella sera ti ritrovi a fantasticare sul tuo futuro, come facevi da bambina.

Sogni che il tuo sposo sia il principe di un paese lontano, bellissimo e gentile. Non t’importa che la febbre sia risalita e che il dolore all’addome sia aumentato. Non t’importa che Sosius scuota la testa quando guarda la ferita. Non t’importa nemmeno che Vaccia Giustina, quando viene a trovarti, abbia le lacrime agli occhi.

L’unica cosa che t’importa è il tuo futuro. La tua nuova vita.

Fine.

 

Iulia Graphis era una ragazza di Brixellum (oggi Brescello), vissuta nel II secolo d.C. Era nata schiava, all’interno di una famiglia abbastanza importante nella zona, che poi l’aveva liberata, dandole il nome della gens. Non sappiamo molto della sua vita, oltre al suo nome (e questo è già straordinario!) e al fatto che morì molto giovane, a soli 15 anni, 2 mesi e 11 giorni. La sua tomba venne ricoperta da un’alluvione, e lì è rimasta, intatta, fino alla sua scoperta. Durante gli scavi vicino al punto in cui la sua lapide era stata trascinata dalla furia del fango vennero ritrovati 13 giocattoli in piombo, una parte dell’arredo di una casa di bambole. Erano un dono da parte dei suoi ex padroni, che l’avevano cresciuta come una figlia: il rimpianto per una vita spenta troppo presto, prima di poter crescere e diventare donna, moglie e madre.