LA LINEA CONTINUA

“…DAI DISEGNI RITROVATI”

Cosa avrà letto la fanciulla seduta con in mano un libro nel piccolo disegno di Antonio Fontanesi? Lo avrà letto o lo stava aprendo per la prima volta guardando davanti a se il paesaggio nell’ora del tramonto o all’alba? Forse era sotto lo stesso albero disegnato sul recto del foglio? Forse aspettava qualcuno? lo stesso Antonio che poi l’avrà fatta posare per qualche istante prima di chiudere il cavalletto sul tocco di biacca dell’ultimo paesaggio della sera? Quale era il suo nome? Non lo sapremo mai. Forse una contadina o la figlia del fioraio visto che un’altra piccola presenza avanza sul fondo del foglio in un fragile tocco di matita. Antonio non ha dipinto molte figure preferendo paesaggi, paesaggi dell’anima direi più che “en plein air”. Nel tempo i suoi paesaggi si sono tinti di tramonti o albe dove uomini o donne sembravano colti in pose di malinconici crucci interiori.

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    I ruscelli, i pioppi verdeggianti o morti, le scie di luce al tramonto o di nebbie padane al mattino portavano in quei cuori malinconie romanze, sospese anche nel vuoto del foglio di questa piccola “lei” mai dipinta. Forse tra le mani stringeva l’album di schizzi di Antonio? Un’amante segreta? Una figlia senza nome? Un incontro casuale sul greto di un torrente o un disegno a memoria in ricordo di questa fanciulla conosciuta per un istante e mai più rivista dopo la sua partenza per il Giappone. Forse l’avrà dipinta a Tokyo ed è oggi appesa in qualche collezione di quel lontano paese dove la pittura era d’inchiostro e le donne vestivano di sete fiorite e i fiori di pesco si sostituivano ai pioppi della sua grande pianura? Forse l’avrà rivista al ritorno nello sfiorire degli anni e quel disegno l’avrà chiuso in un cassetto insieme a tanti altri fogli poi dimenticati tra Torino e Reggio Emilia.

    I disegni a volte nel tempo restano muti, per sempre e nel loro siderale silenzio compiono viaggi straordinari che non riusciremo mai a ricostruire. A volte gli storici dell’arte per vanità gli attribuiscono itinerari o geografie inventate. Qualche settima fa sono stato gentilmente invitato a sfogliare una cartella contenente tanti magnifici disegni appartenenti ai Musei Civici. Il primo che ho visto era di Antonio, l’ho scelto ed e’quello che mi ha accompagnato in questo viaggio. Un lento ritorno a casa. Oggi nel mio studio tra altrettanti disegni chiusi in un cassetto ho cercato di ridare voce a quel foglio pensando ad una “lei” che oggi guarda e rilegge quel disegno, quei 2 disegni.

    Non è il tempo ad allontanarsi da noi e a lasciarci soli e sgomenti, dovremmo essere noi a rallentarne l’oblio. La rivisitazione dell’opera esige rispetto. Il suo silenzio chiede rispetto. Sta a noi cercare quel piano inclinato tra ieri e oggi che possa rigenerarsi all’interno dell’opera stessa. Il viaggio non e’ interrotto. L’opera si rigenera su se stessa. Il rallentamento del codice ci permetterà ancora una volta di restituirci la “visione” affidandoci anche soltanto ad una tenera e semplice “matita”.

    Omar Galliani, Freccia Rossa Milano Reggio Emilia AV, 17 Novembre 2015, ore 19,30.

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