Agli inizi del ‘500, con una lettera di raccomandazione di Lucrezia Borgia, giunge a Reggio Emilia mastro Antonio da Genova, un setaiolo che avvia l’arte della seta in città grazie al supporto degli Anziani e alle agevolazioni fiscali concesse dal duca. Nel corso del secolo, circa cinquemila persone, tra uomini e donne, sono impiegate in questo settore. Le produzioni di seta, particolarmente raffinate, giungono sui mercati internazionali come Francia, Germania, Inghilterra, Fiandre e le coste orientali del Mediterraneo.
Quando la produzione locale non è sufficiente, i setaioli si approvvigionano da Venezia per ottenere fili più pregiati. I mercanti reggiani si posizionano al terzo posto come esportatori di seta sulla piazza di Lione, una delle più importanti d’Europa. Tra i più intraprendenti mercanti del settore si distinguono gli Scaruffi, che, oltre a guidare l’arte della seta, ricoprono cariche di rilievo all’interno della corporazione.
Il Museo di Reggio Emilia conserva numerose testimonianze di questa tradizione manifatturiera esposte nelle tre vetrine alle pareti in cui sono visibili otto registri di fabbrica Trivelli Spalletti, due campionari tessili e varie carte private, che documentano le attività della famiglia. I Trivelli Spalletti si occupano sia della produzione e vendita di stoffe di seta, sia del commercio di lana, lino e cotone. Il sistema organizzativo e commerciale di questa mercatura anticipa un’economia di tipo preindustriale, capace di superare i confini locali e di raggiungere mercati nazionali ed europei.
La forte tradizione manifatturiera persiste ancora oggi testimoniata dal cappotto iconico Max Mara color cammello, qui esposto.