La psichiatra Maria Bertolani Del Rio lavorò al San Lazzaro soprattutto nell’ambito della pedagogia emendativa e il suo tempo, le attenzioni, le fatiche furono dedicate per gran parte al trattamento e alla cura dei bambini e ragazzi con problemi mentali, per i quali nel 1921 era sorta la Colonia Scuola “A. Marro”. Prima della creazione di questa scuola, al San Lazzaro i bambini non erano sottoposti a educazione e istruzione e non ci si dedicava a sviluppare le loro doti intellettuali.

La Colonia-scuola, dedicata ad Antonio Marro, psichiatra noto per i suoi studi sull’infanzia, fu inaugurata il 15 giugno 1921 ed ospitava 18 alunni: 13 maschi e 5 femmine. Vennero accolti nella scuola solo i bambini che avevano la consapevolezza della differenza tra bene e male e che dimostravano di avere una vita affettiva. Ogni alunno all’ingresso veniva sottoposto a un duplice esame: il primo era l’esame neuro-psichiatrico fatto dai medici, il secondo, più legato al grado di apprendimento, era fatto dalle maestre. Gli alunni erano quindi suddivisi secondo questa classificazione: 1) anormali d’intelligenza 2) anormali del carattere 3) anormali sensoriali 4) anormali funzionali 5) bradifrenici postencefalitici.

Le finalità e caratteristiche di questa scuola consistevano nel provvedere all’assistenza dei “fanciulli deficienti e anormali” sia per sollevare le famiglie, sia per sottrarre i minori ai reparti manicomiali. Ci si impegnò per delineare e predisporre un valido ambiente educativo, che si poneva lo scopo di fornire, ai ragazzi più ricettivi, istruzione e una valida preparazione lavorativa: l’indirizzo pedagogico di fondo mirava alla futura autonomia sociale e lavorativa dei minori.

Un discreto numero di alunni arriva ad impadronirsi di tutte le nozioni che sono necessarie per superare l’esame di compimento del corso elementare inferiore. Ogni mese gli alunni tracciavano un disegno degli avvenimenti che si erano svolti in quel periodo di tempo, all’interno del “Calendario della Colonia”; per ogni alunno nella cartella clinica  veniva riportato il curriculum sia psicologico che scolastico.

All’interno della scuola era ben definita la duplice natura, medica e pedagogica, ed era stretta la collaborazione fra la psichiatra e le insegnati, pure dipendenti dall’istituto. Venivano adottati i giochi froebeliani ed era data molta importanza alla ginnastica e al canto. Grande ero lo stimolo alla creatività: il disegno era finalizzato anche alla formazione professionale.

Il numero degli iscritti crebbe rapidamente: nel 1931 risultano 73 maschi e 42, tanto che vennero costruiti nuovi locali. Il nuovo edificio, con reparti divisi per maschi e femmine, ospitava i refettori, i laboratori, le sale di soggiorno, i dormitori, le infermerie, il gabinetto medico e quello di terapia fisica, il reparto idroterapico e un vasto guardaroba. Il padiglione comprendeva un’ampia sala per i divertimenti, una cucina per i servizi generali e, all’esterno, un orto. Nella scuola vi era anche una piccola biblioteca, i libri erano rilegati dagli alunni.

L’assistenza e l’istruzione degli alunni in quegli anni erano affidate a tre mastre, dodici assistenti (infermiere diplomate), una maestra di canto e ginnastica ritmica, un professore di disegno e pittura, un’insegnate di cucito e sartoria, una maglierista, una maestra di ricamo, un calzolaio capo-operaio, una sarta, abile anche come tessitrice, un legatore, tre suore sorveglianti e due sacerdoti. Oltre alle attività didattiche erano previsti anche il cinematrografo educativo e frequenti passeggiate.

La formazione delle maestre è particolarmente curata: infatti venivano mandate a frequentare dei corsi di formazione a Roma, presso …. Le insegnati dovevano essere sane, di robusta costituzione ed avere spiccate doti umane. Oltre allo stipendio, veniva dato loro vitto e alloggio all’interno del San Lazzaro.

 

Testi di Marianna Salsi, Jessica Silipo, Sonja Stenaj, Letizia Varini