#CrescerealMuseo / Scuola in Museo

1. Introduzione

All’inizio dell’anno scolastico 2020-21, nell’ottica di favorire un minore carico di flussi e numero di studenti nei plessi durante le mattinate, garantendo un migliore distanziamento in funzione della pandemia, l’Istituto “A. Manzoni” di Reggio Emilia ha potuto “abitare” due locali dedicati presso i Musei Civici della città, nella cornice di un più vasto e vincente progetto dell’amministrazione comunale coordinato da Officina Educativa. Gli spazi, che si caratterizzano come ambienti dinamici e con arredi innovativi e flessibili oltre che esteticamente stimolanti, ospitano a turno tutto l’istituto comprensivo: le classi, dalla primaria alla secondaria di primo grado, si alternano infatti per una settimana all’anno nelle loro aule museali, in una “cittadinanza provvisoria” che ha potuto essere riempita di significati e si è fatta occasione di crescita educativo-didattica e ibridazione tra competenze della scuola e degli esperti dei musei.

Questo contributo vuole essere una breve presentazione di un’esperienza stimolante che rappresenta una vera alleanza educativa tra istituzione scolastica e territorio, nata da una situazione emergenziale ma divenuta occasione di sperimentazione fattiva per un curricolo verticale che si è posto come obiettivo primario la crescita reciproca: per la scuola, supportata dal comune, l’occasione imperdibile di misurarsi con spazi sfidanti per la didattica, luoghi deputati alla cultura e alla conoscenza non formale; per la didattica museale, la possibilità di avere gruppi di studenti all’interno del museo con una continuità mai sperimentata prima. Per entrambi, inoltre, la possibilità di coprogettare percorsi laboratoriali, unici per il contesto creatosi, ha significato la ridefinizione di ruoli, expertise e metodologie, alla scoperta di nuove trasversalità e di prospettive comuni.

2. I contesti

In considerazione del dialogo stretto che da ormai 50 anni è instaurato con le scuole del territorio, i Musei Civici di Reggio Emilia aprono le porte a classi e studenti con il progetto Scuola IN Museo” per sperimentare nuove modalità educative in cui la meraviglia e la bellezza si offrono come strumenti per l’apprendimento.
L’iscrizione «per l’utile di chi studia e per la meraviglia di chi entra», che dall’Ottocento accoglie i visitatori all’ingresso, testimonia un legame storico tra musei e didattica. Una relazione che il Museo ha sviluppato nel corso degli anni e ha trasformato in una profonda vocazione, fino a riconoscerla oggi come vera e propria mission istituzionale, e che ogni anno porta oltre 25 000 tra bambini e ragazzi a partecipare alle proposte educative e ai progetti speciali che vengono strutturati con e per le scuole. Il progetto “Scuola IN Museo” vive proprio della peculiarità delle collezioni che spaziano dalle scienze all’archeologia all’arte, con un particolare riferimento al dialogo che intessono con il territorio. Si tratta di un vero e proprio museo dei musei, che raccoglie ed espone raccolte storiche in costante relazione con i temi contemporanei, anche in virtù del nuovo intervento di riallestimento in atto.

Lo staff dei Servizi educativi, composto da diverse professionalità (esperti in arte, pedagogia, storia, scienze e archeologia), consente di creare un costante dialogo che già dal 2008 ha portato alla realizzazione di percorsi con dichiarata valenza inter e transdisciplinare.

L’Istituto Comprensivo “A. Manzoni” comprende scuole dall’infanzia alla primaria alla secondaria di primo grado. In questa dimensione di continuità verticale viene valorizzato il dialogo tra i tre ordini di scuola, al fine di favorire il passaggio degli alunni tra i vari livelli scolastici e il loro armonico benessere formativo. Il Collegio docenti condivide un’unica programmazione educativo-didattica, personalizzata per le specificità dei gruppi classe, e un curricolo verticale che sta dinamicamente trasformando: il focus è sulle metodologie comuni, narrazione, socializzazione degli apprendimenti, approccio laboratoriale e valutazione formativa per l’apprendimento.

L’istituto si colloca in centro storico, in una città a forte vocazione industriale e commerciale. Il piano di zona 2018-2020 del Distretto di Reggio Emilia (strumento di pianificazione territoriale per lo sviluppo di una politica locale di servizi ed interventi sociali) cita tra le azioni di promozione dell’inclusione sociale i progetti che intendono sostenere un sistema delle relazioni, intesi come percorsi socio educativi di accompagnamento e di inclusione. Nello specifico, l’Istituto Comprensivo “A. Manzoni” presenta percentuali maggiori al dato nazionale, regionale e provinciale di alunni immigrati: la percentuale di alunni stranieri all’infanzia è superiore al 77% e nelle primarie va dal 37% al 72%. Nella secondaria di primo grado, invece, la percentuale si attesta attorno al 21%.
L’istituto ha nella sua vocazione l’idea di inclusione di tutti i BES (Bisogni Educativi Speciali) e si pone in modo propositivo nei confronti del territorio, consolidando buone prassi e sperimentando didattiche innovative. Il progetto si iscrive quindi con coerenza all’interno del PTOF (Piano Triennale di Offerta Formativa) come azione di formazione dei docenti, di costruzione di valori e linguaggi comuni tra ordini di scuola, di promozione di educazione alla cittadinanza, anche come valorizzazione del patrimonio culturale della città.

3. Dalla didattica museale al curricolo emergente tra scuola e museo

Il progetto “Scuola IN Museo” si caratterizza come coprogettazione tra docenti dell’istituto comprensivo ed esperti del museo, con il contributo del servizio comunale Officina Educativa.
Il primo approccio alla progettazione ha coinvolto la Dirigente scolastica, una Commissione didattica “Scuola diffusa nel museo” composta da referenti di tutto l’istituto, i responsabili dei Servizi educativi dei Musei Civici e i referenti di Officina Educativa. A questa prima fase interlocutoria, che ha formalizzato un progetto pilota declinando finalità, metodologie, ruoli e forme di documentazione, sono seguite altre coprogettazioni specifiche, per classi parallele, che hanno coinvolto i docenti dell’istituto.

Il corpo insegnante ha da subito apprezzato il senso della proposta: trasformare l’esigenza di “maggiore sicurezza” nelle scuole in un’occasione culturale che coniughi la formazione degli alunni e l’autoformazione dei docenti. La proposta emergente è stata quella di sperimentare, nello specifico, un modello di approccio ai beni museali che non sia sporadico o legato semplicemente al curricolo della singola classe, ma che vada a validare l’applicabilità in ambito didattico-educativo di un approccio olistico al “luogo-museo”, che diventi in tal modo ambiente di apprendimento e di scoperta. Un luogo dove lo spirito di ricerca coinvolga adulti e bambini, docenti, esperti ed educatori, stimolando la didattica innovativa e lo spirito critico.
Affinché si crei un rapporto di continuità educativa tra la classe e il museo, le attività progettate dagli educatori museali hanno utilizzato creativamente strumenti e supporti non propriamente scolastici, anche valorizzando un approccio ludico ed esperienziale. Il museo, infatti, consente un apprendimento di tipo emotivo e, come sostiene Di Ruscio, i percorsi museali sollecitano l’apprendimento mediante il coinvolgimento attivo degli studenti in una costruzione di conoscenze e competenze che coniuga l’ispirazione a più modelli metodologici, riconducibili essenzialmente alla didattica attiva, al costruttivismo, con un orientamento forte verso il destinatario, sollecitato non solo sotto il profilo intellettivo cognitivo, ma anche emotivo e relazionale (1).

La proposta, infatti, ha inteso avvicinare bambini e ragazzi al patrimonio, spingendoli a formulare domande, ipotesi, interpretazioni, ritenendo la partecipazione e il coinvolgimento strumenti indispensabili per sostenere la curiosità e l’interesse. Inoltre, stimolare uno sguardo critico e un’osservazione attenta e analitica dei materiali esposti in museo è fondamentale per avviare un processo di confronto e scambio di opinioni, una negoziazione di significati che accompagni i ragazzi verso una personale interpretazione di ciò che stanno osservando (2).

Quindi, per consolidare gli apprendimenti e per fare propri i saperi, nella coprogettazione si è stabilito che l’attività laboratoriale diventi momento imprescindibile delle proposte, alternandosi in maniera funzionale e coerente alla visita in collezione. Nella fase di pianificazione delle attività, il confronto ha toccato anche i contesti e i setting che, accuratamente predisposti, hanno concretizzato l’idea del saper fare e del poter fare , con attività manuali (hands on) e opportuni momenti di riflessione (mind on), diventando così condizione necessaria per un apprendimento significativo. Il museo, in quest’ottica di luogo fisico e mentale (3) , è divenuto luogo ideale in cui coltivare le intelligenze multiple (4): non solo il codice linguistico e quello logico-matematico, ma anche le intelligenze interpersonali, grazie ai lavori di cooperazione, all’utilizzo del corpo come strumento per percepire e comprendere le emozioni, gli stati d’animo, i fenomeni naturali, favorendo anche intelligenze di tipo cinestetico. L’intento scaturito dal confronto tra scuola e museo ha quindi posto l’accento sulla ricchezza, insita nei laboratori, di parlare ai ragazzi con molteplici linguaggi, assecondando così le singolarità e le inclinazioni personali, attraverso un costante invito a mettersi alla prova, a toccare con mano, a fare collegamenti in un museo che si configura come atelier diffuso, spazio di libertà e luogo di scoperta. Il curricolo verticale di istituto ha trovato quindi, nella pianificazione delle attività, una sostanziale concordanza con gli assi metodologici del PTOF, arricchendosi della visione esperta del museo e di contesti e setting che permettono una dinamicità non possibile a scuola, soprattutto in questo periodo di distanziamenti. In definitiva, ha trovato risposta l’interesse dei docenti per un curricolo che sostenga un apprendimento basato sugli interessi e sui bisogni dei bambini, trasversale a tutte le discipline, che permetta di osservare in modo privilegiato reperti e collezioni, in un tempo e in uno spazio più dilatati. Tempo e spazio per fare domande a se stessi, agli esperti, al gruppo, per alimentare i propri interessi e scoprirne di nuovi: un tempo in cui tutti possono sentirsi competenti, in cui poter sostare per comprendere e proporre nuovi approfondimenti.

4. La progettualità del curricolo “Scuola IN museo”: un approfondimento sulle classi seconde

Nella coprogettazione, per ogni fascia d’età è stata realizzata una diversa proposta settimanale in considerazione dei temi individuati, dell’età dei bambini e degli spazi museali più idonei. A queste esigenze sono state integrate le modalità proprie della didattica museale che non si preoccupano esclusivamente di comunicare contenuti specifici, ma anche di raccontare il museo come luogo di storie in cui riconoscersi, contesto di formazione in cui incontrare la bellezza, spazio in cui riannodare legami comunitari e ibridare competenze e argomenti.
Gli educatori museali hanno individuato i materiali e gli oggetti su cui focalizzare l’attività da proporre, tenendo conto degli obiettivi educativi formativi, delle metodologie e delle modalità di mediazione ritenute più opportune per strutturare ogni esperienza. Hanno poi definito le diverse fasi del percorso, descritte analiticamente in schede di progetto in cui si individuano i destinatari, i tempi, i materiali e gli strumenti, la struttura e le attività, gli obiettivi specifici, gli obiettivi trasversali e i risultati attesi, verificando le criticità e i possibili ambiti di miglioramento.
È stato costante il monitoraggio delle strategie messe in campo, intese come processi in continua ridefinizione e rivalutazione insieme ai docenti. Questo tipo di progettazione segue una logica di circolarità tra le fasi di ideazione, azione e valutazione che sono in continuo dialogo tra loro (5). Risulta fondamentale documentare le attività per tenerne traccia, per rilanciare le proposte, ma anche per essere più efficaci nel raccontare i processi e per comunicarli. Le osservazioni raccolte sulle diverse azioni, sugli sguardi e i gesti di bambini e ragazzi, sul ruolo dell’educatore e sull’efficacia delle offerte fatte sono fondamentali per costruire una collegialità di pensiero, una formazione che è anche autoformazione, una conoscenza che viene costruita attraverso una continua circolarità di punti di vista e soprattutto un modo per comprendere meglio come i bambini apprendono e vivono il museo. Figure specifiche all’interno dello staff educativo si occupano di documentare i dialoghi e fissare, attraverso fotografie e riprese video, momenti significativi delle attività. La documentazione può essere fatta dagli insegnanti e anche dagli stessi studenti, per dare valore al loro personale sguardo su ciò che accade.
Nell’organizzazione settimanale, le classi hanno sempre momenti di autonomia in cui è l’insegnante a gestire le attività, introducendo o approfondendo le tematiche affrontate nel percorso museale o lavorando sul programma scolastico, favorendo raccordi. Fin dal primo giorno, studenti e insegnanti hanno a disposizione, nel loro spazio-aula, una selezione di albi illustrati della biblioteca Didart dei Musei. Libri utili per avvicinarsi con curiosità ed entusiasmo alle collezioni, strumenti per fornire una alfabetizzazione di base sul museo, che offrono molteplici opportunità di introdurre in maniera inedita, stimolante e coinvolgente i saperi da approfondire nei laboratori (6).

Per tutte le classi, inoltre, sono stati individuati dei momenti comuni ritenuti fondamentali nello svolgimento dell’esperienza al museo e modulati in relazione all’età. Al primo incontro, il gruppo è accolto da un esperto per la presentazione e la spiegazione delle attività proposte, dei tempi, dei luoghi e per indagare cosa i ragazzi si aspettino da questa nuova esperienza. Durante la successiva esplorazione del museo, si scoprono spazi sempre nuovi e si incontrano le diverse professionalità che vi lavorano e che si fermano per raccontare il loro ruolo. Ai ragazzi viene quindi assegnato un taccuino, uno strumento personale con cui raccogliere impressioni, idee, parole significative; uno strumento con cui affrontare la prosecuzione dell’esplorazione e che può diventare album da disegno, diario personale, luogo libero di espressione. Questa seconda fase non prevede un itinerario prestabilito: sono gli oggetti esposti, gli interessi personali, le emozioni suscitate dai materiali, dai colori, dalle forme a guidare i ragazzi in una fruizione libera da mediazione, per favorire la meraviglia e la scoperta dell’inconsueto. La prima giornata, infatti, è pensata perché i ragazzi prendano confidenza con lo spazio-museo, che devono abitare e sentire familiare, con quella che sarà la loro scuola per una settimana. Una volta creato questo clima di accoglienza, si può dare un senso e un significato agli oggetti osservati, attraverso le esperienze predisposte, stimolando l’immaginazione e la creatività.

A titolo di esempio, questi i laboratori svolti nella settimana delle classi seconde: “Abitare il museo”; “Scritture”; “Il segreto sta nell’argilla”; “Fiabe in verde, bianco e rosso”; “Chi c’è nel bosco”. A seguire, lo schema di una delle “esperienze-laboratorio”.

Titolo progetto: Scritture
Descrizione sintetica del progetto: la scrittura per raccontare, per lasciare un messaggio o un segno di sé.
Lettere che si trasformano nell’arte per sollecitare l’immaginazione. I libri d’arte per ragazzi del centro Didart che invitano a giocare con le parole, sperimentandone il valore estetico e andando oltre le convenzioni.
Finalità: lettura e analisi delle opere selezionate per il percorso, per riflettere sul perché si scrive, sulla forma delle lettere e sugli alfabeti. Le attività di laboratorio, proposte in collezione a diretto contatto con i materiali, mirano a incentivare una ricerca personale e di gruppo sul segno, sottendendo una riflessione su
significato e significante.
Obiettivi trasversali: educare al patrimonio, educare allo sguardo (come approccio critico di un messaggio da decodificare), sostenere il pensiero critico e la creatività, stimolare la collaborazione e la ricerca.

L’ultimo giorno della settimana prevede un tempo per la “restituzione” dell’esperienza, un momento di confronto tra educatori museali, ragazzi e insegnanti, in cui il dialogo e lo scambio di opinioni diventano fondamentali per raccogliere i concetti significativi che questa settimana ha lasciato in loro e anche per avviare una prima, immediata valutazione.
Come ultima azione è proposta la realizzazione di una soggettiva mappa del museo, una grafica che diventa una reinterpretazione del museo stesso, con ciò che ha colpito l’immaginazione, l’attenzione e acceso la curiosità.

Conclusioni
Nelle prime documentazioni sulla scuola che “abita” il museo, compaiono elementi innovativi già dalle parole stesse di docenti e bambini: tra tutti, il senso di un’esperienza unica vissuta insieme, accomunati, con educatori ed esperti, dall’emozione di “scoprire e pensare” in modo riflessivo e con grande piacere. Come Dewey ha sottolineato, «imparare dall’esperienza significa fare una connessione reciproca fra quel che facciamo alle cose e quel che ne godiamo o ne soffriamo in conseguenza […] in queste condizioni il fare diventa un tentare: un esperimento col mondo per scoprire che cos’è; e il sottostare diventa istruzione: la scoperta di un nesso tra le cose » (7). In questo senso, all’istituto “immerso” al museo si sta costruendo un Curricolo emergente: un modo di approcciarsi al reale che continua a scuola, sotto lo stimolo e le suggestioni della “vita al museo”, in cui bambini e ragazzi ritrovano il gusto per i saperi e suggeriscono nuovi percorsi e incursioni, partendo da questa “cittadinanza provvisoria” che si fa attiva e consapevole.

NOTE

1 cfr. Di Ruscio, I. 2013, La progettazione innovativa nell’educazione museale. p.45
2 cfr. S.Cardone, “Il Museo come contesto di apprendimento informale. Ripensare e riprogettare gli spazi educativi per facilitare la comprensione critica dell’esperienza museale”, in R. Huerta, Amparo Alonso Sanz (eds.), Entornos informales para educar en artes. PVU, Valencia 2017, pp 53-54
3 cfr. Baldacci M. Il laboratorio come strategia didattica. Suggestioni deweyane. In Filograsso N., Travaglini R. (eds.), Dewey e l’educazione della mente. Milano: FrancoAngeli, 2004.
4 cfr. Gardner, H., Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano 1999, p. 210-216
5 cfr. Cardone, S., Masi, M. Il museo come esperienza educativa. Narrare, sperimentare, comprendere, valutare. Bari, Progedit, 2017.
6 cfr. Cardone, S., (2017) Il Museo come contesto di apprendimento informale. Ripensare e riprogettare gli spazi educativi per facilitare la comprensione critica dell’esperienza museale, in R. Huerta, Amparo Alonso Sanz (eds.), Entornos informales para educar en artes. Valencia, PVU. pp 53-54
7 Dewey, J. Democrazia ed educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1965, p. 187.

Bibliografia
M. Baldacci, Il laboratorio come strategia didattica. Suggestioni deweyane, in Filograsso N., Travaglini R. (eds.), Dewey e l’educazione della mente, Franco Angeli, Milano 2004.
S. Cardone, M. Masi, Il museo come esperienza educativa. Narrare, sperimentare, comprendere, valutare, Progedit, Bari 2017.
S. Cardone, Il Museo come contesto di apprendimento informale. Ripensare e riprogettare gli spazi educativi per facilitare la comprensione critica dell’esperienza museale, in R. Huerta, Amparo Alonso Sanz (eds.), Entornos informales para educar en artes, PVU, Valencia 2017.
J. Dewey, Democrazia ed educazione, La Nuova Italia, Firenze 1965.
H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano 1999.
I. Di Ruscio, La progettazione innovativa nell’educazione museale, Tiburtini, Roma 2013.
C. Panciroli, Le professionalità educative tra scuola e musei. Esperienze e metodi nell’arte, Guerini e Associati, Milano 2016.
F. Zuccoli, Didattica tra scuola e museo. Antiche e nuove forme di sapere, Junior, Parma 2014.

Alessandra Landini
Riccardo Campanini
Chiara Pelliciari