La storia del capodoglio spiaggiato
BATTE UN CUORE SOTTO IL CATRAME DELLA BALENA
di PIERLUIGI PANZA

Le balene non sono mai completamente addormentate: se un emisfero del suo cervello dorme, l’altro vigila. Tantomeno è del tutto addormentata la «balena» di Reggio Emilia che – con il suo occhio di vetro e il suo ventre catramato – si è abituata a vivere sulla terraferma, come i suoi antenati di 50 milioni di anni fa. La «balena» di Reggio Emilia non è mai stata consegnata al sonno dell’oblio e, anzi, è vissuta nei sonni e nei sogni di migliaia di bambini che, dal 1938, l’hanno vista, toccata, parlato con lei…
Questo capodoglio di sette metri arrivò lì, nel bel mezzo della pianura padana, dove l’acqua sorge nelle rogge e nelle risaie per le tinche e per le rane, nel 1938. Con altri sei capodogli, ciascuno dei quali pesava tra i 25 e i 30 mila chili ed era lungo dai 15 ai 20 metri, si era arenata sul litorale tra Marina di Montemarciano e Marzocca, vicino ad Ancona, la sera del 10 aprile. La gente si radunò intorno attratta dai grandi mostri del mare, quelli nei quali si poteva vivere dentro come il Geppetto, dicevano i bambini, come Giona, dicevano i sacerdoti, come Luciano, dicevano i professori. Immediatamente intervenne la Capitaneria di porto. Saranno state le tre del mattino quando il comandante Possenti ordinò che le balene venissero ben spiaggiate per non causare problemi. Altri cetacei, a un centinaio di metri dalla costa, vennero catturati dai pescatori, che legarono le loro code e poi li abbatterono a colpi di arpione.
Il piccolo capodoglio, però, non morì subito. E mentre degli altri ne venne fatto olio per le lampade e grasso per lubrificare gli ingranaggi delle macchine, il piccolo di otto mesi e 40 tonnellate fu caricato su un camion dai pescatori per mostrarlo nelle piazze del litorale e dell’interno. Il mostro marino – «tu sei come un giovane leone delle nazioni, e tu sei come una balena nel mare», diceva il profeta Ezechiele – venne ceduto a dei girovaghi circensi che presero a mostrarlo nelle settimane precedenti la visita di Hitler a Roma.
A Reggio Emilia fu esposto nel cortile di San Rocco, ai portici della Trinità, già a fine aprile. Ma poiché incominciava ad emanare cattivo odore a causa dei processi di decomposizione, i cittadini ebbero compassione e chiesero l’intervento di Socrate Gambetti, il tecnico tassidermista. Il quale domandò al direttore dei musei dell’epoca, Giuseppe Altana, di acquistare il capodoglio per plastidermarlo. L’acquisto fu approvato e l’animale venne portato al macello comunale.
La sua pelle dura, il ventre immenso crearono difficoltà per la conservazione. E Gambetti lavorò con la perizia dell’epoca, eccedendo con il catrame. Salvò però la seconda vita dell’animale e la consegnò nel ’39, alla vigilia dell’entrata in guerra, al museo Vallisneri. Il grande naturalista (1661-1730), allievo di Marcello Malpighi, si era laureato a Reggio Emilia il 6 giugno 1685. La balena fu collocata nel corridoio del piano terreno – stretta tra le vetrinette di stravaganze naturali – di quello straordinario museo costituito delle raccolte Vallisneri e Spallanzani.
Ora, il progettista del nuovo museo, il geniale ed eccentrico Italo Rota, l’ha spostata più in alto, in una sala tutta per sé chiamata Asphalt. In un contesto celeste, cinematografico, con il vuoto intorno, il cetaceo spiaggiato continua così il suo sonno mai del tutto addormentato. Perché nel sonno la balena veglia.

Corriere della Sera, 4 maggio 2014