Art Ad.Virus | Sacro e profano_Storia

Il termine “sacro” deriva dal latino arcaico “sakros”, comparso per la prima volta sull’iscrizione Lapis Niger (VI sec. a.C.). Successivamente è passato ad indicare l’area semantica relativa ad una divinità ed al suo culto. Antitesi di “sacro” è “profano”. Anch’esso di derivazione latina (pro=davanti + fanum=tempio,luogo sacro), denota tutto ciò che è estraneo o contrario alla dimensione sacrale e religiosa. Immaginando questi due termini, sacro e profano (S,P), come i due estremi di un segmento, per definizione opposti, talvolta si può assistere ad un loro congiungimento, come se si trovassero a coincidere in uno stesso punto, appartenente ad un’ipotetica circonferenza.
Nel caso specifico della città di Reggio Emilia, molti sono gli edifici in cui, per la loro storia, sacro e profano si sono trovati a coesistere. Il complesso di S. Domenico e la chiesa di S. Giovanni Evangelista ne rappresentano, certamente, un esempio.

Notizie sull’origine dei chiostri di S. Domenico ci sono pervenute tramite la cronaca duecentesca del notaio reggiano Alberto Milioli. Da questa si evince, come data saliente per l’origine del complesso Domenicano, comprendente chiesa e convento, il 25 luglio 1233, giorno in cui venne posta la prima pietra per la sua edificazione. Con l’inizio del secolo, infatti, si assistette all’allargamento della cinta muraria urbana e la conseguente inclusione di orti e vigne. Fu così possibile costruire, nel quartiere di S. Pietro, la nuova chiesa intitolata al SS. Nome di Gesù, successivamente, rinominata chiesa di S. Domenico.
La tradizione lega il convento alla figura di Fra Giovanni da Vicenza, frate Domenicano che nell’agosto del 1233, nei pressi di Verona, durante una solenne adunanza, concluse la pace tra reggiani, bolognesi e modenesi. Si può supporre che, conseguentemente a tale evento, la cittadinanza reggiana decise di edificare un complesso religioso che ospitasse il “giovane” ordine dei Domenicani, nato, poco prima, nel 1206. Nel corso dei secoli, il convento di S. Domenico subì numerosi rifacimenti, spesso resi necessari dai molteplici impieghi a cui fu destinato.

Tra il 1420 e il 1461 la chiesa venne restaurata e il convento, tramite un sussidio del Pubblico di Reggio, poté finalmente dotarsi di una biblioteca. L’intervento di restauro si protrasse fino al 1470 e previde un ampliamento del convento con la conseguente costruzione di due ali di un nuovo chiostro di forma quadrangolare, ultimato nel 1500 e denominato “Castelnuovo”. Nello stesso periodo, si assistette al rifacimento delle mura del chiostro più antico, il “chiostro dei morti”, in origine adibito a cimitero. Fu proprio quest’ultimo a subire un decurtamento dell’ala meridionale, durante i lavori di ampliamento della chiesa.
Nel 1509 il convento divenne, in parte, sede del Tribunale della Santa Inquisizione e nel 1702, sotto il Ducato Estense, l’intero complesso venne adibito ad ospedale militare. Tale impiego si protrasse durante tutta l’età napoleonica, quando divenne caserma per le truppe, mantenendo questo ufficio anche successivamente, col ritorno degli Estensi. Nel 1860 il complesso divenne “Deposito Cavalli Stalloni”. Più di un secolo dopo, nel 1980, il “Deposito Cavalli Stalloni”, già “Istituto di Incremento Ippico”, venne definitivamente chiuso e l’intero complesso passò di proprietà all’Amministrazione Comunale, la quale decise di destinarlo alle Attività Culturali. Oggi, l’ex convento Domenicano, ospita l’Archivio Storico Comunale, l’Istituto Storico per la Resistenza e l’Istituto Musicale Peri, dimostrando, a tutti gli effetti, di essere un nutrito centro culturale.

La Chiesa di S. Giovanni Evangelista, conosciuta come Chiesa di S. Giovannino, rappresenta uno dei più importanti edifici sacri dell’Emilia. Situata nell’omonima Piazzetta di S. Giovanni, con l’intera facciata in cotto rimasta incompiuta, presenta una struttura architettonica risalente al secolo XVI, risultato di numerosi rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli.
Il Degani indica che la chiesa fu eretta al di fuori del castrum, in prossimità del muro occidentale del castello. Tracce della sua esistenza giungono a noi tramite un documento, datato 1192, facente parte di un testamento, nel quale si distingue esplicitamente la “Ecclesia Sancti Ioannis Baptiste” dalla “Ecclesia Sancti Ioannis De Civitate”, individuabile con l’odierna Chiesa di S. Giovanni Evangelista. In origine la chiesa era parrocchiale ed era affidata alla sovrintendenza di un rettore.
In un atto rogato 16 settembre 1502, si parla di una ricostruzione dell’edificio religioso, promossa dal parroco e dai rappresentanti della vicinia(contrada), resa necessaria da una sua precedente demolizione (sec. XV); Girolamo Casotti divenne, in tale occasione, sovrintendente del cantiere, che si concluse nel 1563. Nel 1575 la chiesa di S. Giovannino era già conclusa da un decennio ma l’interno, intonacato e tinteggiato, si presentava ancora spoglio.
Documenti posteriori informano che l’edificio religioso era dotato di sei cappelle, come sono tutt’ora, cinque delle quali gentilizie e una della vicinia o parrocchia. Entro il 1614 tutte le cappelle, compresa quella del coro, erano provviste di una pala dipinta ad olio, eccetto quella della vicinia che era dotata di un crocifisso di stucco. Per quanto riguarda la decorazione ad affresco, i lavori iniziarono un anno prima, nel 1613. In questo stesso periodo anche la vicina Basilica della Ghiara si apprestava ad essere decorata. Si creò quindi un’interrelazione tra le due chiese che si affidarono alla maestria dei medesimi artisti; giunsero a Reggio Paolo Guidotti, Sisto Badalocchio, Tommaso Sandrini e Lorenzo Franchi. Fu così che la Chiesa di S. Giovanni Evangelista venne presto soprannominata “la piccola Ghiara” poichè, malgrado le sue modeste dimensioni, conservava, al suo interno, una considerevole ricchezza.
Fiore all’occhiello di S. Giovannino sono i due telieri del Tiarini , di grande importanza artistica, raffiguranti, rispettivamente, “Il Transito di S. Giovanni Evangelista” e “Il Martirio di S. Giovanni Evangelista”. Realizzati con un disegno accurato e tonalità profonde, di un colore tipicamente emiliano, tali sopravvissero, fortunatamente, alla cupidigia ducale e alle successive confische napoleoniche.

Nel1808 la chiesa venne acquistata all’asta dalla famiglia Trivelli e, dopo aver mutato radicalmente il suo ufficio (divenne concimaia e bottega), passò di proprietà ai conti Palazzi Trivelli. Dopo molti anni in cui l’edificio era rimasto chiuso al culto, nel 1896, il Conte Ferrante Trivelli stipulò una convenzione con la Confraternita della Immacolata Concezione e S. Francesco, cedendole la chiesa per l’officiatura. Da parte sua, la Confraternita si assumeva l’onere della manutenzione, come documenta il rogito del notaio dott. Francesco Borri, 9 marzo 1896. Ebbe quindi inizio un’opera di risanamento dell’edificio. Il restauro coinvolse il tetto, il pavimento, i muri e le cappelle (eccetto per le volte).
Oggi la chiesa di S. Giovannino, tutt’ora di proprietà della Confraternita dell’Immacolata Concezione e S. Francesco, continua, tacitamente, ad ornare Piazzetta S. Giovanni ed è l’unica chiesa che preserva il rito in latino, avente luogo la prima domenica di ogni mese.
In conclusione, il complesso di S. Domenico e la chiesa di S. Giovanni Evangelista, col loro vissuto travagliato, rappresentano l’esempio tangibile di quante possibili vite può racchiudere in sé un edificio, perché ciò che i nostri occhi vedono, spesso, non è che il risultato di una metamorfosi che perdura da secoli.

Chiara Eboli

Bibliografia:

Artioli N., Le pitture di San Giovanni Evangelista
Zamboni, Artioli N., La Chiesa di San Giovanni Evangelista
Bocconi, L., La Chiesa di San Domenico e il Convento dei Domenicani in Reggio
Mussini M., Gasparini, P, Varini, G., I Chiostri di san Domenico   

Art Ad.Virus è un progetto nato e ideato con la congiunzione di diversi eventi più o meno inaspettati: l’evolversi della pandemia da Covid, il sopravvivere della cultura (e dell’arte) nel mezzo di questa e l’elezione di Parma (e anche Reggio Emilia e Piacenza) come Capitale Italiana della Cultura 2020+2021. Di fronte a questa situazione, abbiamo capito quanto fosse importante che la cultura non restasse al suo posto, ma uscisse dai luoghi a questa deputati, chiusi per il lockdown; abbiamo quindi scelto alcune tematiche che si susseguiranno con scadenza mensile, ognuna delle quali approfondita in relazione ai diversi ambiti dell’arte figurativa: pittura scultura, archeologia, performances, cinema e tanti altri. Perché questo nome? Ci siamo ispirati alla figura lavorativa dell’Art Advisor, a cui abbiamo preferito sostituire parte del nome con un termine attualissimo: virus. È in realtà un augurio: di farci contagiare inaspettatamente dall’arte e dalla cultura che Reggio Emilia e il suo territorio offrono.

Art Ad.Virus è un progetto a cura di Martina Ciconte, Chiara Eboli, Benedetta Incerti, Maria Chiara Mastroianni, Lorenzo Zanchin del Servizio civile volontario