#Crescere al Museo / Fermati e leggi, viaggiatore

Valentina Uglietti, nata a Milano nel 1990, si trasferisce nel 2010 a Parma per studiare Lettere e Archeologia ed entra in contatto per la prima volta con i Musei Civici di Reggio Emilia per svolgere il suo lavoro di tesi triennale riguardante le epigrafi etrusche. Negli anni successivi prosegue i suoi studi a Bologna e, parallelamente, svolge il Servizio Civile Volontario a Reggio Emilia, sempre in museo. La sua tesi di laurea rispecchia i suoi due interessi, la ricerca scientifica e la divulgazione: infatti, si occupa di studiare alcune epigrafi funerarie romane inedite e progetta, insieme ai Servizi educativi dei Musei Civici, in occasione della mostra “On the Road. Via Emilia 187 a.C.-2017”, una serie di storie “a bivi” (simili ai libri-game) ambientate nel territorio reggiano tra il III sec. a.C. e il II d.C.

Nel 2019 inizia il dottorato in “Scienze Storiche e Archeologiche. Memoria, Civiltà e Patrimonio” e svolge la sua ricerca nell’ambito della musealizzazione e della divulgazione del patrimonio epigrafico, esaminando quindi come i reperti che presentano iscrizioni antiche, generalmente monumenti funerari, lapidi, ecc., vengono esposti e raccontati ai visitatori nei musei: a tale proposito recentemente ha collaborato con lo staff Comunicazione dei Musei Civici alla scrittura di una mostra virtuale per Google Arts & Cultures, progetto internazionale cui i Musei Civici di Reggio Emilia collaborano fin dal 2013 ed è a riguardo di queste sue attività di ricerca che vogliamo porle qualche domanda.

Perché hai scelto di focalizzare la tua tesi di dottorato sulla comunicazione e divulgazione delle epigrafi antiche?

Il tema alla base della mia ricerca è la difficoltà da parte del pubblico di capire e di conseguenza apprezzare le collezioni lapidarie dei nostri musei, uno straordinario patrimonio che così molto spesso è poco frequentato e poco amato da parte dei visitatori.

E i motivi sono tanti: perché le epigrafi sono scritte in lingue che non si usano più, perché si tratta di oggetti di per sé non preziosi, spesso frammentari, poco attrattivi, muti. Ma il fatto è che muti non lo sono assolutamente, anzi! L’archeologo impara fin dal primo di anno di università che il suo mestiere consiste nel fare le “giuste domande” ai reperti, nel trarre cioè da ogni oggetto e dal suo contesto di ritrovamento più notizie possibili allo scopo di ricostruire il passato. Le epigrafi, questi testi incisi che ci arrivano dal passato, sono lì, da centinaia o migliaia di anni, e rispondono con la loro voce, in attesa che qualcuno stia a sentire il loro messaggio. Io mi sono occupata di epigrafia fin dalla prima tesi di laurea triennale perché sento molto il fascino di queste “voci” dal passato, di questa possibilità di riprendere un dialogo con persone che non ci sono più da molto tempo. Lavorando in museo e raccontando, facendomi mediatrice di quelle voci, provo molta soddisfazione soprattutto nel constatare che è possibile coinvolgere le persone e portarle non solo ad ascoltare, ma anche a volerne sapere di più, ad appassionarsi ai temi della storia antica.

Come hai strutturato il tuo lavoro?

La mia ricerca è finalizzata a trovare un modo per “ricucire” la comunicazione tra le epigrafi antiche e il visitatore moderno. Creare un ponte tra i due poli della comunicazione, riempiendo tutti quei “vuoti” che la rendono molto difficile. Una parte del mio lavoro di ricerca è strettamente sperimentale, elaboro strumenti di divulgazione sia digitali che analogici e poi raccolgo dati su come viene accolto lo strumento che ho deciso di sperimentare, il suo gradimento da parte dei visitatori. In questo ho la fortuna di poter portare avanti questa ricerca in collaborazione con due musei civici eccezionali per storia, patrimonio ed entusiasmo nel metterlo a disposizione del pubblico, il Museo Civico Archeologico di Bologna e i Musei Civici di Reggio Emilia.

Il periodo di lockdown a causa della situazione di emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha messo in risalto una straordinaria opportunità attivata già da tempo dai Musei di Reggio Emilia, che in quel momento si è rivelata essere una risorsa molto importante, ovvero il far parte del progetto Google Arts & Cultures. Tutto il piano delle collezioni storiche di Palazzo dei Musei è interamente visitabile attraverso la Street view e questo chiaramente ha ricadute di diverso tipo, a cominciare dalla possibilità che hanno i Musei di essere visitati in remoto anche da pubblici molto lontani fisicamente, per finire con il mio lavoro di ricerca, che ho potuto continuare da casa mia passeggiando virtualmente tra le mie “amate pietre” senza problemi e consultando così i materiali anche durante il periodo di chiusura del museo. Proprio nel periodo di chiusura, insieme allo staff di Comunicazione dei Musei, mi sono occupata di portare a termine la stesura dei testi della story Stop and read, wayfarer / Fermati e leggi, viaggiatore, una virtual exhibition sulla piattaforma di Google Arts che unisce alla passeggiata nel Portico dei Marmi e alle fotografie in alta definizione l’approfondimento di alcuni temi del mondo romano a partire dalle parole stesse degli antichi abitanti di Regium Lepidi: inaugurata il 18 maggio ha riscosso un grande successo in termini di visualizzazioni a riprova di quanto importante sia stato per il pubblico avere a disposizione un certo tipo di risorsa nel momento del lockdown.

Hai ancora progetti in questo ambito? Pensi che ci possano essere sviluppi in futuro per utilizzare queste tecnologie?

Per la mia tesi di dottorato continuerò a collaborare con i Musei Civici di Reggio Emilia ed è già in programma una nuova virtual exhibition, ma non voglio rovinare la sorpresa! Sono profondamente convinta dell’importanza della materialità dei reperti archeologici, credo che non si debba tentare di sostituire l’esperienza fisica della visita in museo, con le suggestioni che l’esercizio di ognuno dei cinque sensi può dare. Sono anche convinta che queste tecnologie offrano potenzialità differenti, che si sommano come valore aggiunto alle potenzialità comunicative dei reperti. Ed è proprio nella somma, e non nella sottrazione, che vedo il cammino dei Musei e delle tecnologie digitali.

Georgia Cantoni
Responsabile comunicazione 
Musei Civici di Reggio Emilia