#IspirazioneMuseo / Alice Padovani

Alice Padovani è un’artista poliedrica, nata a Modena dove vive tutt’ora. Ha al suo attivo diverse collaborazioni con istituzioni pubbliche e private e attualmente è coinvolta nel progetto pilota Di cosa hai paura? Con-tatto di parole, immagini, suoni, selezionato da ECCOM attraverso la call di DRIS – Co-creating Intercultural Societies: a Focus on Racism and Discrimination, che intende promuovere azioni artistiche mirate a valorizzare le relazioni con il patrimonio culturale e storico delle città tramite il coinvolgimento delle comunità territoriali e la costituzione di gruppi di co-progettazione interdisciplinari come punti di partenza per la facilitazione della diversità culturale, l’inclusione sociale e il superamento degli stereotipi.
In questo progetto collabora con diversi enti e istituzioni pubbliche (*), tra i quali i Musei Civici di Reggio Emilia, ed è affiancata dal videomaker Ali Beidoun e dalla band musicale Le Piccole Morti.
Per questo motivo nei giorni scorsi l’abbiamo vista in azione in diversi luoghi del centro di Reggio Emilia insieme ai rappresentanti delle associazioni dei nuovi cittadini e così le abbiamo rivolto qualche domanda sul suo lavoro e sulla esperienza che sta vivendo.

Di cosa ti occupi e qual è stato il tuo percorso formativo?

“Sono un’artista visiva. Non ho un genere o un media di preferenza, questo significa che mi occupo di arte cercando di volta in volta di trovare il linguaggio ideale rispetto al progetto che intendo sviluppare. A volte si tratta di creare un’opera fortemente concettuale, magari di natura installativa o performativa, altre volte la tecnica scelta che determina un’opera è un assemblaggio, un disegno o una scultura.
Il fatto che io non abbia un media di riferimento potrebbe essere legato all’eterogeneità stessa della mia formazione. Per diversi anni, parallelamente allo studio della filosofia, ho lavorato nell’ambito del teatro contemporaneo sia come attrice sia come regista. Andando ancora più a ritroso, si può dire che la mia formazione sia iniziata con lo studio della musica classica. Forse anche per questo motivo tutti gli elementi combinati sono risultati essere il background fondamentale nel mio percorso artistico.
Sono una persona molto curiosa e aperta al cambiamento, questo probabilmente è il filo rosso che lega tutto il mio operato: tale attitudine mi permette variazioni e movimenti da un ambito all’altro, senza la paura di sbagliare, ma solamente con il senso di sperimentare. Trovo molto interessante la possibilità di creare dialoghi inattesi tra generi e materie diverse. Cerco spesso, ad esempio, l’incontro tra la poesia e la scienza per trovare nuove forme e nuove idee, mi permette di progettare con uno spettro di immaginazione privo di confini.
L’arte, nella mia visione, è proprio quel linguaggio universale che dovrebbe tentare di legare ambiti diversi, di attingere a conoscenze e suggestioni personali e collettive, di avvicinare sguardi e umanità lontane.”

Quali sono state le tue esperienze più significative dal punto di vista lavorativo e quali in rapporto al museo e soprattutto al museo come fonte di ispirazione?

“Fra le esperienze più significative ci sono proprio quelle legate ai luoghi della cultura, a musei e palazzi storici.
Quasi sempre si è trattato di elaborare progetti site-specific, nati in simbiosi con il paesaggio, l’architettura circostante e le persone che ci vivono.
Sono numerosi i progetti che mi sono rimasti nel cuore, ne voglio citare solo alcuni che trattavano, sotto diverse prospettive, uno degli aspetti più ricorrenti della mia poetica: l’idea della raccolta, della conservazione come elemento per parlare di memorie.
Uno di questi è la recente collaborazione con la Reggia di Caserta, esito di un concorso MiBact, dove ho realizzato un progetto di land art nel Bosco Vecchio a partire da un grande tronco di leccio e dall’idea che la natura contenga e accolga la memoria umana, come fosse uno scrigno del passaggio dei tempi e delle epoche storiche.

Diversi anni fa, poi, ho avuto modo di lavorare a un’opera d’arte partecipata all’interno del progetto Green Routes (in collaborazione con Eccom, Fondazione per il Sud e Bocche del Vento), che ha avuto come esito finale la produzione di una scultura, ora visibile nella collezione permanente del MuDi di Taranto, frutto di una raccolta attiva di memorie sotto forma di racconti e oggetti da parte di un gruppo di cittadini tarantini. L’opera Radicati è una grande radice di fico strangolatore in cui sono stati incastonati una moltitudine di oggetti (le memorie raccolte) che creano una sorta di oscillazione tra il senso positivo di appartenenza a un luogo e l’esserne in qualche modo prigionieri.

Un’altra importante collaborazione è stata quella con il Museo Civico di Modena, per il quale ho realizzato un’opera temporanea di tipo installativo – Archival Impulse or The Museum-Machine – che mi ha permesso di lavorare sull’essenza stessa del museo come macchina del tempo e della memoria. Per la costruzione di quest’opera ho avuto accesso a molti reperti storici e archeologici (parte delle collezioni in deposito del museo) creando un grande assemblaggio a pavimento, un ingranaggio che restituiva a colpo d’occhio il percorso dell’uomo dagli albori ai giorni nostri.

Pensando invece a mostre in galleria, uno degli eventi espositivi più importanti che ho potuto immaginare e costruire è stata la mia recente personale a Milano presso la galleria Amy-d Arte Spazio, supportata da Anna D’Ambrosio e con la curatela di Livia Savorelli. In questa mostra – Ecdysis. Economics of mutation – ho portato all’attenzione del pubblico una selezione antologica di opere molto differenti: dai lavori in teca entomologica a dipinti di grandi dimensioni, passando attraverso a nuove forme da me mai sperimentate, come nel caso dell’opera Deimatico, una performance intima immortalata dagli scatti di Massimiliano Camelllini diventata poi opera ibrida tra fotografia e scultura. In occasione dell’opening, inoltre, ho realizzato una performance live con insetti vivi, sonorizzata dalla band Le Piccole Morti. Un esperimento in grande sinergia creativa che mi ha portato a collaborare con la band ancora una volta, proprio in occasione del progetto Di cosa hai paura? nel quale firmeranno un sound design immersivo, parte integrante e imponente dell’opera che sarà inaugurata il 14 maggio, presso il Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, in occasione della Notte Europea dei Musei 2022.”

Quali progetti hai nel tuo futuro?

“I progetti per il futuro sono numerosi e ancora una volta molto differenti l’uno dall’altro.
Parlando dei mesi estivi parteciperò a un paio di importanti collettive, una nella mia città di origine, Modena, e l’altra presso la Reggia di Caserta.
Parallelamente porterò avanti progetti legati più all’ambito dell’arte pubblica e partecipata, come quello che mi vede coinvolta proprio qui ai Musei Civici di Reggio Emilia e al progetto pilota Essere Fiume che sta attraversando molti luoghi di Roma e vede una sinergia con diverse realtà locali, come la compagnia teatrale nontantoprecisi, la Sovrintendenza Capitolina, le Biblioteche di Roma, la Temple University.

Trovo che in questi tempi umani così frammentati e alienanti sia importante che l’arte, tutta, possa essere fruita in modo libero e diretto dalla cittadinanza. Vorrei che si potesse sempre di più “inciampare in modo casuale” sull’arte. E che le città e i musei diventassero sempre più incubatori di una certa cultura diffusa.

A questo tipo di progetti affiancherò altri eventi, mostre e azioni con la galleria di Milano Amy-d Arte Spazio, tra cui la realizzazione di un progetto in situ per il festival della Scienza di Genova.

Un’altra interessante collaborazione che continua negli anni è con la charity We Restart con sede a Londra che si occupa di produrre progetti dove arte e cultura sono strumenti attivi di resilienza. Con loro parteciperò all’evento Secret Art, che darà sostegno concreto ad artisti ucraini rifugiati in Gran Bretagna. Come programmazione ad ampio raggio invece si tenterà proprio di esportare in Inghilterra questo stesso progetto pilota “Di cosa hai paura?”, in quanto fortemente affine con la mission della charity e del suo operato, mantenendo attive le collaborazioni che lo hanno visto nascere qui a Reggio Emilia.”

Georgia Cantoni

(*) Di cosa hai paura? Con-tatto di parole, immagini, suoni è un progetto di Comune di Reggio Emilia / Musei Civici di Reggio Emilia | Fondazione Mondinsieme | Abreer-Associazione dei Burkinabè di Reggio Emilia | Coro Interculturale di Reggio Emilia APS | AGE–Associazione Giovani Europei | Associazione dei volontari ucraini in Italia – АВУІ | Associazione Maliana Badegna | Diaspora Ivoirienne d’Emilia-Romagna | Museo Gemma – Unimore | Casa delle Culture di Modena | Accademia Valdarnese del Poggio | Associazione TEFA Colombia ODV di Modena | Silvia Rossi