#IspirazioneMuseo / Intervista a Nicola Manzan

Nicola Manzan è violinista e polistrumentista, svolge collaborazioni in studio e dal vivo con band e artisti nazionali ed internazionali, ha scritto e registrato colonne sonore per cortometraggi e lungometraggi e da oltre quindici anni è attivo con il progetto di musica sperimentale denominato BOLOGNA VIOLENTA. Recentemente è uscita “La Città del Disordine. Storie di vita dal manicomio San Lazzaro”, sua opera originale con la quale ha messo in musica le vite di alcuni pazienti dell’ex Ospedale San Lazzaro grazie ad un progetto promosso da Musei Civici e Ausl/Biblioteca Carlo Livi per la valorizzazione del Museo di Storia della Psichiatria di Reggio Emilia. Gli abbiamo quindi fatto alcune domande su questa sua esperienza:

Storie di cronaca, vite vere o presunte tali: raccontare la normalità della diversità, cosa vuol dire per te?

Dal mio punto di vista siamo sempre portati a pensare che la nostra presunta normalità sia la stessa che vivono anche le persone che ci circondano. Ovviamente siamo consci del fatto che questo non rispecchi la realtà, ma tendenzialmente crediamo che il nostro sia una sorta di standard comune a tutti.
La “diversità” dovrebbe essere invece il punto centrale da cui partire per relazionarsi agli altri.
Raccontare la “normalità della diversità” è per me un modo di porre l’attenzione proprio su questo aspetto, ovvero sul fatto che molto spesso ci sono situazioni che rendono la vita delle persone una sorta di sfida continua con la realtà, con la società e nelle relazioni col prossimo.
Mettere in musica un certo tipo di storie è per me molto importante perché, partendo da situazioni al limite, come nel caso dei pazienti di cui ho trattato nel mio ultimo disco, ci si ritrova a pensare che la presunta normalità che siamo abituati a percepire, di fatto non esista. Porre l’accento sulla diversità fa sì che si possa avere un approccio più empatico nella relazione con gli altri e col mondo che ci circonda. Per quel che mi riguarda la normalità non esiste, ma si viene a creare, in un certo qual modo, quando rappresenta l’insieme delle diversità di tutti.

In ambito lavorativo, quali sono state le tue esperienze più formative?

Ho avuto la fortuna, nella mia carriera, di potermi confrontare con realtà molto diverse da cui ho cercato di trarre ogni volta un insegnamento che mi potesse aiutare ad essere un musicista e un professionista migliore.
Sicuramente lo studio del violino è stata un’esperienza fondamentale, così come l’aver suonato per anni con orchestre classiche e in formazioni cameristiche. Questo ha fatto sì che il mio approccio al mondo della musica “leggera” fosse fin dal principio basato su una grande consapevolezza di ciò che stavo facendo, sia dal punto di vista compositivo, che performativo. Ciò che ho imparato da questa esperienza è che nulla deve essere lasciato al caso, dallo studio delle parti, fino all’esecuzione dal vivo, che deve essere la massima espressione di un musicista.
Un’altra esperienza che mi ha segnato molto è stata quella del mio progetto Bologna Violenta: stanco di molte dinamiche tipiche delle band rock, ho deciso per una volta di fare tutto da solo, mettendomi in gioco completamente, proponendo una musica di difficile ascolto e portandola dal vivo ovunque ne avessi la possibilità. Questo mi ha fatto crescere molto, mi ha responsabilizzato e mi ha reso consapevole dei miei limiti e delle mie qualità, perché la vita stessa del progetto per dieci anni è stata tutta sulle mie spalle, nel bene e nel male.
Cito brevemente altre due esperienze fondamentali, ovvero la tournée coi Baustelle e quella con Il Teatro Degli Orrori: in entrambi i casi si trattava della vera e propria realizzazione di un sogno, ovvero suonare davanti a moltissime persone ogni sera, con uno staff tecnico che avevo sempre sognato, con tutte le difficoltà, ma soprattutto le comodità del caso. Ho passato anni a sperare di riuscire un giorno ad andare in tour, ma mai avrei pensato di arrivare a questi livelli.

Come è stato collaborare con una istituzione culturale pubblica?

Per me è stata un’esperienza nuova che speravo un giorno di poter affrontare. Il mondo musicale underground è spesso “vittima” di pressapochismi e di un approccio al limite dell’hobbismo, cosa che mi ha sempre dato un discreto fastidio. Il fatto di poter lavorare con un’istituzione pubblica, dove niente è lasciato al caso e ogni cosa dev’essere fatta al meglio è stata per me l’ennesima possibilità di migliorarmi e di conoscere un mondo diverso, per quanto per certi versi affine al mio, perché sempre di cultura si tratta. Sentirmi un professionista tra professionisti mi ha dato lo stimolo giusto per fare ancora meglio del solito sotto molti punti di vista, oltre a quello della semplice composizione o registrazione di un disco. Inoltre la possibilità di affrontare tematiche diverse dalle solite con cui ero abituato ad avere a che fare e con modalità differenti, mi ha messo nella condizione di poter fare un ennesimo passo in avanti nella mia carriera di musicista e di professionista del mondo della cultura.

Come sta andando? Come ha reagito il tuo pubblico?

Devo ammettere che sta andando bene. Se da un lato sono sempre stato convinto della qualità di ciò che stavo facendo, dall’altro non sapevo se il mio pubblico, abituato a cose molto diverse da queste, avrebbe apprezzato o capito questo disco. Devo dire che invece la risposta è stata davvero forte, soprattutto da parte di chi si aspettava da me qualcosa di molto più vicino ai dischi di Bologna Violenta: sono stati molti i casi di persone che mi hanno scritto stupite, ma molto affascinate e soprattutto entusiaste una volta ascoltato i brani. In cuor mio era esattamente ciò che speravo, ma non ero sicuro che questo potesse accadere.
Ora stanno per iniziare i concerti e spero di riuscire a far conoscere questo progetto a quante più persone possibili.

Quali progetti hai per il futuro?

Innanzitutto ci sono i concerti: dopo un anno e mezzo di stop quasi totale, sento che la gente ha voglia di andare a vedere uno spettacolo dal vivo, quindi al momento sono concentrato su questo.
Inoltre sto lavorando molto come turnista, produttore e arrangiatore in studio, collaborando con molti artisti di vario tipo; sto cercando di far sì che questo tipo di attività diventi ancora più centrale nella mia vita di musicista, perché il lavoro in studio di registrazione e soprattutto la parte creativa della questione mi hanno sempre dato grandi soddisfazioni e trovo sempre molto stimolante mettere le mani su brani sempre diversi e far sì che gli artisti che mi commissionano i lavori siano soddisfatti del risultato, una volta che riascoltano i loro pezzi.
Poi un giorno ricomincerò a scrivere musica mia, ma per il momento voglio rimanere concentrato sul mio ultimo disco, che è appena uscito e che ha bisogno di molte attenzioni.

Georgia Cantoni