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8 Giugno 2020. Giornata mondiale degli Oceani

I coralli, sentinelle del clima

Visitando al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia la Collezione naturalistica di Lazzaro Spallanzani, colpisce la grande abbondanza di forme di vita marine, che occupano undici dei ventuno armadi nei quali si dipana il percorso. Appassionato lettore del “gran libro della natura”, Spallanzani alternava la docenza di Storia Naturale all’Università di Pavia a lunghi viaggi, motivati dalla necessità di arricchire di reperti il Museo dell’Ateneo, in realtà occasione per condurre vere spedizioni scientifiche, nel corso delle quali raccoglieva reperti, realizzava esperimenti, annotava minuziosamente osservazioni e dati.

Tra questi furono molti i viaggi marini, dalla laguna veneta a Rimini, da Portovenere a Marsiglia, l’avventurosa navigazione da Venezia a Costantinopoli, e quella tra i vulcani delle due Sicilie. Viaggi che gli permisero di approfondire l’anatomia dei pesci, di studiare il potere elettrico della torpedine, la riproduzione delle anguille, l’occhio del polpo e la locomozione dei ricci di mare. Il tutto volto alla realizzazione di una Storia naturale del mare, che tuttavia non riuscì a portare alle stampe.
Gruppo di organismi cui rivolse una attenzione particolare fu quello degli Antozoi, letteralmente “fiori animali” (dal greco άνθος , fiore, e ζώα, animali, una vasta classe di invertebrati marini, costituiti di piccoli polipi singoli o radunati in colonie, che include coralli, anemoni di mare, pennatule.
L’interesse di Spallanzani era legato alla natura ‘di transizione’ di questi organismi, all’epoca chiamati alternativamente Zoofiti, o Piantanimali, e Litofiti, piante pietrificate, per sottolinearne la natura ambigua tra Regno animale, Regno vegetale e Regno minerale.
Spallanzani si applicò ad una osservazione sistematica e scientifica di questi organismi, ne affermò la natura esclusivamente animale, e ne raccolse numerosi esemplari, esaltandone la bellezza con l’accurata disposizione su fulcri dorati.

I coralli, producendo carbonato di calcio sotto forma di calcite, sono attivi bio-costruttori, in particolare nelle acque limpide e calde delle aree tropicali. A loro si deve l’esistenza di alcuni degli habitat più ricchi di colore, vita e biodiversità degli oceani, le barriere coralline.
Il riscaldamento globale sta tuttavia portando drammaticamente l’attenzione su questi abitanti dei mari e degli oceani. Le barriere coralline sono particolarmente fragili e in condizioni di temperature elevate vanno incontro ad un processo definito “bleaching”, sbiancamento.
Il colore caratteristico di ogni specie di corallo è infatti dato da alghe unicellulari fotosintetizzanti, note come zooxanthellae, che vivono in simbiosi con i polipi. Il colore del corallo è tanto più intenso quanto maggiore è la concentrazione di questo microorganismo, la cui funzione principale è quella di produrre, tramite la fotosintesi, nutrimento per i polipi.
Quando la temperatura aumenta, i microorganismi non sono più in grado di svolgere efficacemente la fotosintesi e produrre nutrimento e vengono espulsi dai polipi. La struttura calcarea assume così una colorazione più pallida o addirittura completamente bianca e in assenza dell’unica fonte di nutrimento, i polipi sono destinati a morire. Dove maggiori sono gli effetti del riscaldamento globale più intensa è l’incidenza dello sbiancamento.
Esiste inoltre un delicato equilibrio tra la temperatura dell’acqua e lo scambio di anidride carbonica tra l’atmosfera e l’oceano. L’oceano è in grado di assorbire parte dell’aumento di CO2 nell’atmosfera, contrastando in parte l’effetto serra. Ma la maggior concentrazione di anidride carbonica disciolta rende l’acqua oceanica più acida, riducendo inoltre la concentrazione del carbonato di calcio, necessario ai coralli per costruire il proprio scheletro. Anche l’acidificazione degli oceani è quindi chiamata in causa per lo stato di grande sofferenza delle barriere coralline, mettendo a sua volta in pericolo la vita di questi organismi e la loro possibilità di riprendersi dopo fasi di sbiancamento che si ripetono ormai ad intervalli sempre più ravvicinati.
La Giornata mondiale degli Oceani deve quindi far riflettere a come l’incidenza dell’uomo e dei suoi stili di vita sui cambiamenti climatici abbiano conseguenze che si concatenano, finendo per incidere non solo sulle forme di vita marine, ma anche sulle attività e la sicurezza stessa delle popolazioni che vivono lungo le coste. Le barriere coralline sono paradisi per molte specie ittiche e la loro salute garantisce la pesca, così come il turismo. Sono anche dighe naturali contro i marosi e l’innalzamento del livello dei mari, e sono circa 62 milioni le persone che vivono appena un metro sopra il livello del mare, protetti dalle barriere.

Il corallo rosso mediterraneo ammirato e studiato da Lazzaro Spallanzani fa, viceversa, parte di un gruppo di coralli che non costruisce barriere, ma vive in ambienti scarsamente illuminati come le pareti e le grotte al di sotto dei 20 metri di profondità. Non arrivando abbastanza luce solare, non può sfruttare la simbiosi con le alghe (che non potrebbero effettuare la fotosintesi) per ricavare nutrimento. Infatti i polipi estesi non sono colorati, ma appaiono bianchissimi. Le ramificazioni si presentano invece di un caratteristico colore rosso vivo, dovuto probabilmente alla presenza di carotenoidi. Il corallo mediterraneo non va quindi incontro a processi di sbiancamento, ma non è una consolazione: proprio la bellezza del suo duraturo colore lo ha reso vulnerabile, come ambìto materiale per ornamenti, oggetto di una pesca troppo rapida per la sua capacità di rigenerarsi, che lo ha portato all’estinzione in tanti luoghi del nostro mare.

Silvia Chicchi
Responsabile collezioni naturalistiche 
Musei Civici di Reggio Emilia


Foto: Museo Spallanzani, la vetrina dei coralli, Musei Civici di Reggio Emilia. Ph.: Carlo Vannini