Rielaborazione grafica di ritatto di Marco Emilio Lepido  Foto Carlo Vannini

Ti metti a camminare avanti e indietro per pensare meglio, e così facendo ti cade l’occhio sul ragazzo gallico, seduto accanto alla tua tenda e ancora con mani e piedi legati. Di nuovo incroci il suo sguardo e in quegli occhi azzurro cielo leggi un odio profondo. Un odio che scoppierà nel cuore di tutte le popolazioni sottomesse non appena te ne sarai andato.
Sospiri. «Sì, è nostro dovere fare qualcosa per risolvere questa situazione» dici, rivolto al centurione. «Non possiamo andarcene finché questa terra non porterà un segno concreto della presenza di Roma». Congedi il centurione con un gesto e rientri nella tenda con la morte nel cuore.
Roma dovrà attendere, la pianura non è ancora pienamente pacificata. Ma come rendere definitiva la conquista romana su questo territorio?
Ripensi con fastidio a questi lunghi mesi di guerra estenuante e alla fatica che hanno fatto i legionari a spostarsi tra gli acquitrini della palude. Quanto sarebbe stata più facile e veloce la vostra conquista se solo ci fosse stata una delle vostre belle strade da percorrere, invece di questo terreno bagnato e argilloso! Una strada…sì…una strada! Il modo perfetto per far spostare velocemente gli eserciti, una linea di confine tra il territorio romano e quello non ancora conquistato, un collegamento tra la colonia di Placentia ad ovest e quella di Ariminum ad est, in modo da tagliare tutta la pianura e permettere a chiunque di giungere facilmente da Roma fino a questi luoghi!
La grandezza di quest’idea ti riempie la mente e il petto. Riesci già a vederla: una via di scambio lungo l’asse del grande fiume Padus, in modo da integrare i commerci fluviali con quelli via terra. E, lungo la strada, nuove colonie fondate da te a nome di Roma, per porre le fondamenta della civiltà romana in queste terre barbare. Esci con impeto dalla tenda e richiami il centurione Lucio Sempronio Fosco: «Centurione», gli dici con solennità, «costruiremo una strada sulla quale passeranno la pace e un futuro glorioso. Le daremo il nome della mia famiglia, Aemilia. Sarà una buona strada, una delle più importanti di tutto il dominio romano». Guardi la pianura sconfinata con orgoglio: quanto sarà bella e ricca quando l’avrete bonificata! E chissà, forse un giorno riuscirai perfino a costruire un piccolo centro a tuo nome, come ricordo delle tue imprese. Magari un forum. Forum Lepidi sarebbe un nome perfetto per una città.

Fine.

 

Marco Emilio Lepido era uno dei due consoli del 189 a.C., inviato dal Senato romano nel nostro territorio con lo scopo di sconfiggere definitivamente il popolo dei Liguri, nascosto sull’Appennino. Portato a termine il suo compito, come segno di questa conquista e come linea di confine, il console fece costruire la via Emilia, che collegava la città di Rimini (Ariminum) a quella di Piacenza (Placentia). Nel tempo, questa strada divenne un collegamento tra popoli e culture diversi. Per rendere duraturo il dominio romano, Marco Emilio Lepido fece costruire lungo la via le colonie di Modena e Parma e poi, nel 175 a.C., Forum Lepidi (‘Foro di Lepido’), una piccola città nata come foro che a poco a poco crebbe, diventando prima Regium Lepidi e poi la nostra Reggio Emilia.


 


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