Frammento di statua di uomo in armatura (lorica), I sec. d.C.  Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini

«Dategli un po’ di pane e poi mandatelo via» dici al centurione. «Domani attaccheremo i Liguri, non possiamo permetterci delle distrazioni». Ti volti per andartene ma un movimento alle tue spalle ti fa capire che il ragazzo ha rimesso mano alla fionda. Ti sposti di lato e il proiettile di metallo ti sfiora una tempia lasciandoti un graffio: due dita più a sinistra e ti avrebbe colpito alla nuca, ferendoti gravemente e rendendoti impossibile partecipare all’attacco previsto per domani.

Con un movimento rapido e fluido ti getti sul ragazzo e in un attimo lo atterri.
Tenendolo fermo con un ginocchio sguaini la spada e la poni sulla sua gola. «Non ti conviene farmi arrabbiare, Gallo» gli dici, premendo la fredda lama sulla sua pelle.«Io sono un console di Roma e non permetterò a un ragazzino qualunque di intralciare la mia impresa».

Il ragazzo ti guarda senza battere ciglio, poi ti sputa in faccia. Non ti scomponi neppure, ma premi un po’ più forte la spada sulla sua gola finché qualche goccia di sangue scorre sulla lama.

«Prendete e legate questa belva» dici poi, rivolto ai soldati. «Lo porteremo con noi e gli insegneremo la disciplina romana». Ti rialzi e lentamente ritorni alla tua tenda.

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