Denario di Lepido, II sec. a.C.   Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini

Sul finire della giornata tutto si è calmato. Un silenzio innaturale regna sulla piccola radura, spezzato solo dai gemiti dei feriti. Tu, stanco, sporco di polvere e sangue ma illeso, sei appoggiato al tronco di un albero con il gladio puntato a terra, in modo da reggerti in piedi: nessuna debolezza è concessa a un console di Roma.

Avete vinto, ma a caro prezzo. I guerrieri liguri si sono dimostrati un nemico feroce e combattivo, e anche se alla fine la vostra superiorità numerica e la vostra strategia militare hanno determinato l’esito della battaglia, avete subito numerose perdite, dovute anche all’armamento leggero. Ma il sacrificio dei tuoi uomini non è stato vano: i Liguri hanno tentato un ultimo, disperato attacco mettendo insieme tutti i guerrieri rimasti, ed ora che sono stati sconfitti la montagna è vostra. Nei villaggi sono rimasti solo donne, vecchi e bambini, dei quali si possono tranquillamente occupare i sodati semplici. La tua presenza non è più necessaria, perciò decidi di ridiscendere alle pendici del monte per concederti un po’ di riposo. Mentre ti allontani faticosamente dall’albero ti raggiunge il centurione Lucio Sempronio Fosco, che ti chiede: «Console prima che tu te ne vada resta un’ultima questione da affrontare: cosa ne facciamo del ragazzo gallico? Non possiamo trascinarcelo dietro fin sulla cima del monte, e in più ci ha già traditi una volta».

Vuoi farlo punire e poi lasciarlo andare?

Vuoi tenerlo con te come prigioniero?