Nel secondo dopoguerra del XX secolo Mario Degani svolse un fondamentale ruolo di vigilanza sui cantieri che si aprivano nel centro di Reggio in concomitanza con la febbrile opera di ricostruzione postbellica. L’imponente mole di materiali romani recuperati, comprendente una campionatura di mosaici pavimentali di grande interesse, fu dapprima esposta in sedi improprie. Solo di recente ha trovato più idonea collocazione nei locali dell’antica sacrestia della chiesa di San Francesco, attiguo Portico dei Marmi.
Vi è stata inaugurata la sezione di numismatica, archeologia cristiana e tardoantica. Fra il 1997 ed il 1998 se ne è completato l’allestimento.
Vi è illustrata la civiltà romana a Reggio Emilia, con ordinamento tematico, rinviandosi la presentazione dei materiali dalla provincia ad una specifica sezione, in collegamento con le nuove collezioni di preistoria e protostoria.
Nel maggio del 2015 la sala Regium Lepidi è stata corredata dalle installazioni multimediali del Regium@Lepidi Project, che consentono una totale immersione nella realtà virtuale della città romana.
Scarsamente documentate sono le origini dell’antica Regium, così chiamata secondo la denominazione più vetusta e persistente, che fu talora sostituita dal termine latino Forum ed affiancata dal gentilizio Lepidum o Lepidi. Benché il toponimo sembri appartenere al substrato originario e presupporre una comunità preromana, è al prestigioso esponente della gens Aemilia, Marco Emilio Lepido, che probabilmente si deve la riorganizzazione del centro in occasione del suo secondo consolato (175 a.C.).
Al tempo del precedente consolato (187 a.C.) egli aveva proceduto alla creazione della via Emilia. Operazioni di bonifica e centuriazione accompagnarono la sistemazione del forum, ossia del centro commerciale e amministrativo su un preesistente luogo di incontro fra romani e indigeni celto-liguri. Immigrati centro-italici si stabilirono nel Reggiano forse a partire dalla distribuzione di terre del 173 a.C., coordinata dallo stesso Lepido. Durante le guerre civili del I secolo a.C. la cittadina di Regium appare sempre legata alla causa antisenatoria e dei Lepidi. La successiva pax augustea si traduce in ampliamenti urbani e in assegnazione di terre a nuovi coloni: Regium Lepidum acquisisce formalmente lo statuto di municipium con governo e magistrati locali.
I dati archeologici testimoniano nel I-II secolo d.C. vari interventi urbanistici e residenziali, la presenza di più poli produttivi e di un ceto benestante cresciuto localmente. Nel III secolo d.C. la crisi del territorio italico, ormai invaso dalle merci provinciali, e la grave instabilità politico-militare dell’impero determinano una progressiva depressione in ambito agricolo-artigianale. A Reggio le attività economiche registrano uno stallo, l’incertezza degli eventi induce ad occultare denaro. Nella civitas reggiana, ricordata dagli itinerari del III-IV secolo d.C., il degrado è evidente: si contrae il tessuto abitativo e produttivo, aree sepolcrali sostituiscono quelle residenziali. Il generale stato di abbandono peggiorerà nel V secolo d.C. per ripetuti dissesti idrogeologici e per incursioni barbariche devastanti, tra cui orde di Goti ed Unni. Tra i resti ormai distrutti di ricche abitazioni si nascondono tesori preziosi e monete.
Vi è documentata la storia della circolazione monetaria nel Reggiano nell’arco di un millennio (V secolo a.C. – V secolo d.C.).
Il ripostiglio di Campegine comprende lingotti di rame con alta percentuale di ferro, marcati a rilievo con il segno del “ramo secco” (aes signatum) e pezzi di aes rude (V secolo a.C.). Due dramme padane di imitazione massaliota si riferiscono alle popolazioni galliche insediate nel Reggiano fra III e I secolo a.C. La donazione di Ottorino Folloni comprende la serie completa di sei nominali dell’aes grave della Repubblica romana, metallo fuso in pezzi di forma rotonda, secondo un determinato sistema ponderale e con un’impronta impostavi dallo Stato (IV-III secolo a.C.). Passando alla moneta coniata, assai ben rappresentato è il sistema dell’argento. Di particolare rilievo è il tesoro di Borzano di Albinea, originariamente composto da 1111 fra denarii e quinarii, probabilmente occultato negli anni delle guerre civili (attorno al 43 a.C.). Il fenomeno della tesaurizzazione viene poi illustrato da 97 denarii databili da Settimio Severo (dal 193 d.C.) a Triboniano Gallo (251 – 253 d.C.), rinvenuti fortuitamente alla periferia di Reggio Emilia. La rassegna si conclude con il “tesoro di Reggio Emilia”, 60 solidi d’oro degli imperatori d’Oriente (da Marciano a Zenone) in ottimo stato di conservazione, quasi tutti provenienti dalla zecca di Costantinopoli. Ad essi sono associate oreficerie parte di produzione romana, parte di produzione gota. Il tutto era contenuto in una fistula da acquedotto in piombo. Il nascondimento è datato verso la fine del V secolo d.C., forse in occasione della guerra fra Odoacre e Teodorico.
Il patrimonio di pavimenti venuti alla luce in città è assai ricco, sia qualitativamente che quantitativamente. Ai cocciopesti, spesso arricchiti da tessere e schegge di marmo o anche associati ad emblemata musivi, si affiancano semplici pavimenti in mattoni o mattonelle laterizie, mosaici in bianco e nero o policromi ed anche alcuni sectilia.
Il repertorio decorativo, prevalentemente geometrico, privilegia alcuni motivi assai diffusi (come la stella formata da otto losanghe) e soprattutto suscettibili di una vasta gamma di variazioni; scarsi gli esempi di mosaico figurato.
Tipica dell’edilizia di Regium è la dilatazione degli ambienti di soggiorno e di ricevimento: tra i ritrovamenti pavimentali spiccano mosaici di medie e grandi dimensioni (anche superiori agli 80 mq.), spesso piuttosto ricchi ed eleganti, la cui omogeneità decorativa, fondata su motivi semplici e ripetitivi, faceva sì che i vani di appartenenza non risultassero connotati nel senso di una utilizzazione unica e specifica. Nella domus scavata nell’area compresa tra le vie San Rocco ed Emilia Santo Stefano, una delle più interessanti e note della città romana, mentre nella zona anteriore, più vicina alla strada, si trovano grandi pavimenti musivi (tra cui un bellissimo scutulatum), pertinenti a settori di rappresentanza, la parte più interna dell’edificio vede una serie di vani di servizio pavimentati in cocciopesto disporsi intorno a un cortile che ospita anche un forno.
Un vano con funzione di cubiculum, rinvenuto in una domus situata in via San Carlo, ha restituito una pavimentazione a mosaico geometrico in bianco e nero, integra, che si espone al centro della sala.
La statuaria è rappresentata da due frammenti di sculture, un torso loricato che forse rappresenta un imperatore del I secolo d.C., proveniente da via Caggiati ed il busto di un togato forse proveniente dall’area forense (I secolo d.C.). Illustrano il tema della ritrattistica un busto virile della tarda età repubblicana, una testa virile della prima età imperiale ed una testa femminile del I secolo d.C., tutti provenienti da Brescello. Una testa di fanciullo (I secolo d.C.) ornava probabilmente il giardino interno di una domus rinvenuta nell’area dell’ex casa Bigliardi presso la basilica di S.Prospero. Il rilievo funerario è per esempio documentato dalla stele detta dei coniugi che proviene dalla necropoli orientale di Regium Lepidi situata a San Maurizio (tarda età repubblicana). Fra le sculture decorative, utilizzate per lo più come ornamenti di vani di rappresentanza all’interno di case di abitazione, si segnalano una maschera virile barbata, che forse ornava il getto di una fontana, proveniente dal giardino della domus nell’ex casa Bigliardi (I secolo d.C.); una Venere pudica da Goleto di Boretto (I secolo d.C.); una testa di cariatide (II secolo d.C.); un capitello di parasta con volto femminile (I secolo d.C.); un’erma bifronte raffigurante Bacco e forse Arianna da via Sessi (I secolo d.C.); un sostegno di panca da via Malta (I secolo d.C.).
Preceduta da una piccola sezione dedicata alle prime testimonianze del culto cristiano in provincia di Reggio Emilia (epigrafi dei cristiani Mavarta e Rusticus, frammenti vascolari con simboli cristiani), è la sequenza espositiva sull’Alto Medioevo, principalmente corredi di tombe longobarde. Di particolare rilievo sono le sepolture scoperte a Reggio Emilia fra le vie Mazzini e Cairoli. Fra i materiali recuperati in quell’ambito si segnalano un piccolo idolo in pietra, nel quale si è tentati di riconoscere un simulacro del dio Godan-Wotan, il dio guerriero dei popoli germanici; ed una padella in bronzo con decorazione incisa, di produzione egiziana (VI secolo d.C.). La tomba 4 ha restituito il corredo funebre più ricco, forse pertinente ad un capo guerriero di credo ariano: una crocetta in lamina aurea, una fibula in bronzo laminata d’argento, un puntale di cintura in argento, due rinforzi in oro per l’impugnatura della spada, due falere in oro, argento e bronzo iscritte e figurate (fine del VI – inizi del VII secolo a.C.). Fra i materiali dal territorio provinciale si segnalano alcuni corredi funebri da Castellarano (prima metà del VII secolo d.C.). Di particolare interesse è il corredo di via Cusna (anelli, collana, armille, coltello con custodia), riferito ad una donna di stirpe avara. Dal corso del Po presso Boretto proviene una moneta d’oro, che attesta l’esistenza a Reggio (flavia Regio) di una zecca reale ai tempi di Desiderio, ultimo re dei Longobardi (756-773). L’esposizione è conclusa dal corredo di una tomba rinvenuta presso il Secchia a Marzaglia, pertinente ad un guerriero di alto rango: una spatha, l’umbone di uno scudo, un morso per cavallo, in ferro; una fibbia ed altri elementi di una cintura, in bronzo; tre placchette in argento dorato, decorate con motivi zoomorfi e con maschere umane (seconda metà del VI secolo d.C.).