La casa

immagine mostraLa maggior parte delle domus di Regium Lepidi si concentrava nelle aree della città gravitanti intorno al foro, cuore pulsante dell’economia, della politica e della vita sociale e alla via Aemilia che convogliava la quotidiana circolazione di mezzi, beni e persone. Questa situazione garantiva una grande visibilità ai proprietari, secondo il principio di ostentare ricchezza per acquisire prestigio individuale. Non mancano tuttavia alcune eccezioni, in cui si conoscono tracce di abitazioni raffinate in zone più periferiche della città, sempre tuttavia in relazione a elementi importanti del paesaggio, come un corso d’acqua, o significativi punti di riferimento della forma urbis, quali strade processionali o di collegamento. I dati archeologici rivelano la presenza di una classe sociale medio borghese proprietaria di queste domus. Si tratta perlopiù di tracce di pavimenti a mosaico con motivi geometrici in bianco e nero, che indicano l’apice di questo tipo di decorazione in concomitanza con il periodo di acme politico ed economico della città di Reggio, tra la fine del I sec. a.C. e il II sec. d.C. Questo prodotto risulta perfettamente adeguato, per economicità e versatilità, all’architettura domestica del ceto medio imperiale che prevede, nel caso di Regium Lepidi, un tipo di domus con planimetrie estese. L’assenza di grandi spazi aperti pensati per assolvere alle funzioni sociali, era compensata dall’ampiezza degli ambienti interni in cui ricevere ospiti e clientes. Non mancano tuttavia i giardini (viridaria) ricchi di lussureggiante vegetazione, o ampi cortili spesso connessi agli spazi della servitù e destinati ad attività produttive, che sostituiscono il grande atrio centrale, o il peristilio tipico dell’area vesuviana. Alla relativa semplicità dei pavimenti si contrapponevano preziosi elementi d’arredo domestico e suppellettili, come ad esempio candelabri in bronzo, lucerne figurate, tavoli in marmo (tràpeza), letti triclinari (klìnai) con inserti d’avorio e la straordinaria vivacità e raffinatezza della pittura parietale, che modificava in modo determinante la percezione dello spazio. Numerosi infatti sono i ritrovamenti, in diversi punti della città, di frammenti di intonaco di squisita eleganza.
Il diffuso benessere economico che si respirava all’interno della città trova ulteriore conferma in casi particolari, come quello di una casa che vantava la presenza di un impianto termale privato, o quello di un ricco cittadino che si concesse il lusso di un pavimento musivo con emblema centrale di grande impatto estetico per la propria stanza da letto (cubiculum), ambiente riservato e solitamente precluso alla frequentazione degli ospiti.

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Nevio dromo e Nevia Filumina, per sempre sposi

Nevio: quando Philumina arrivò, ero un giovane schiavo molto considerato dalla padrona. Mi forniva precise indicazioni su come accogliere nella casa gli ospiti del signore e curare ogni dettaglio. Ordinavo e governavo. Per questo gran daffare che mi davo, credo, destai l’attenzione di Philumina…

Philumina: fui per qualche tempo l’ancella prediletta della matrona. Solevo accompagnarla al mercato per le spese. La seguivo rapita dal suo portamento austero quando, con la palla, in segno di pudore nascondeva parte del viso e i bei riccioli. La cura dei suoi capelli era compito mio: ogni mattina li sistemavo con mano rapida ed esperta.

Nevio: Ci sposammo dopo aver comprato la libertà. I nostri figli non avrebbero serbato nel nome il ricordo della nostra schiavitù. Il matrimonio fu una cerimonia bellissima: la sposa indossava la palla color zafferano, il viso incorniciato dal velo arancione. Abbiamo trascorso insieme i nostri anni migliori; nemmeno la morte potrà separarci, abbiamo posto un veto sul nostro sepolcro e qui la nostra pietra serberà per i posteri il ricordo di noi.