Una terra dalle molte religioni

4 Iside
Nel museo Civico di Reggio Emilia sono conservati bronzi di età romana e posteriore, suddivisi in più nuclei. Il nucleo più cospicuo appartiene al Museo di Storia Patria, raccolto nel corso di parecchi anni, nella seconda metà dell’ottocento, da don Gaetano Chierici. I bronzetti rispecchiano sia culti tipici del mondo romano sia culti tipici di altre regioni del Mediterraneo antico come ad esempio l’Egitto, testimoniato dal radicato culto dedicato alla dea Iside e documentato anche da altri reperti dello stesso periodo ospitati nelle collezioni del museo. Nell’insieme i bronzetti attestano e confermano un aspetto peculiare tipico della cultura romana: il sincretismo religioso, cioè quel complesso di fenomeni e concezioni costituite dall’incontro di forme religiose differenti che riescono però, e questo è l’aspetto principale, a convivere armoniosamente e pacificamente all’interno di uno stesso territorio. Un insegnamento importante da restituire alla quotidianità contemporanea.

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    BRONZETTI CULTO EGIZIO
    ISIDE: Dea madre e della fertilità nel culto egizio, era una dea dai molti nomi, assimilata più tardi con Afrodite e Demetra. La statuetta, ritrovata nella tomba della sacerdotessa romana Publeia Tertia a Campegine (RE), rappresenta la dea seduta su un trono, con il braccio sinistro che allatta il figlio Horo e con il braccio destro che porge il seno, in una posizione classica e immediatamente riconoscibile. Secondo il mito, raccontato nei Testi delle Piramidi e da Plutarco nel suo Iside ed Osiride, con l’aiuto della sorella Nefti recuperò e assemblò le parti del corpo di Osiride, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una divinità associata alla magia ed all’oltretomba. Aiutò a civilizzare il mondo, istituì il matrimonio ed insegnò alle donne le arti domestiche.
    OSIRIDE: era il dio egizio degli Inferi, dell’agricoltura e della fertilità. Il bronzetto lo raffigura con il corpo strettamente avvolto nella veste funeraria dalla quale all’altezza del petto emergono solo le mani, la destra sopra la sinistra che stringono rispettivamente il flagello e lo scettro (heqa). Come dio dell’agricoltura veniva festeggiato nel mese di khoiak, quando si effettuava la raccolta del grano, i cui germogli simboleggiavano la sua resurrezione. Fu proprio lui, assieme alla sorella e moglie Iside, a civilizzare l’umanità insegnandole l’agricoltura. Nel Duat, l’oltretomba, Osiride pesava i cuori dei morti su un piatto della bilancia, mentre sull’altro vi era una piuma, simbolo di giustizia. Le anime che pesavano di più a causa dei peccati venivano date in pasto al mostruoso Ammit, mentre quelle che erano abbastanza leggere venivano mandate ad Aaru (la residenza dei defunti).
    USHABTI (statuette funerarie/culto egizio)
    I bronzetti degli Ushabti, piccole statue mummiformi, costituivano un elemento integrante ed indispensabile del corredo funebre di ogni egizio antico. Se il defunto avesse superato positivamente la psicostasia (la cerimonia della pesatura del cuore), sarebbe andato in paradiso, ovvero nei Campi Aaru che erano raffigurati come campi ricchi di frutti, coltivazioni ed ogni genere di delizie. Lì, egli sarebbe vissuto felicemente e senza alcuna preoccupazione, godendo degli stessi e molti altri agi come nella vita terrena, perché gli ushabti avrebbero svolto per lui ogni mansione e lavoro, provvedendo quindi a tutte le necessità della vita ultraterrena. L’aspetto più comune era mummiforme e in questo caso rappresentava l’eterno spirito del defunto, chiamato Aj che scaturiva dalla fusione del Ba (personalità) e del Ka (forza vitale). Ma poteva anche essere immagine di servitori o portatori di offerte. Nella parte inferiore vi erano incise formule magiche tratte dal Libro dei Morti. La più frequente era quella del capitolo 6 che costringeva l’ushabti ad obbedire e nella quale il defunto gli chiedeva di lavorare per lui quando il dio Osiride, nell’aldilà, gli avrebbe chiesto di coltivare i Campi Aaru. E quando il dio Osiride lo avesse chiamato, un ushabti avrebbe sempre risposto.
    BRONZETTI CULTO ROMANO
    ATTIS: Ritrovato a Sant’Ilario d’Enza (RE). Appartenente alla tradizione frigia, è considerato una divinità minore legata al culto della dea Cibele (Grande Dea Madre e della fertilità): è il servitore che guida il carro della dea. Il bronzetto rappresenta Attis mentre poggia la gamba destra su un frammento di basetta, flette e incrocia la gamba sinistra che poggia sul piano solamente con la punta del piede. Il manto che indossa si apre lasciando il ventre scoperto. Il braccio destro, flesso, porta la mano al mento, mentre quello sinistro è piegato e aderente al petto con la mano chiusa come a stringere un bastone che purtroppo è andato perduto. Il corpo è leggermente inclinato a destra; il capo è ricoperto dal tipico berretto frigio che lascia visibili, ai lati del volto, ciocche di capelli larghe e ben delineate. In epoca imperiale il ruolo di Attis, la cui morte e resurrezione simboleggiava il ciclo vegetativo della primavera, si accentuò gradualmente, dando al culto una connotazione misterica.
    MINERVA: era la divinità romana della lealtà in lotta, delle grandi virtù della guerra giusta (guerra per giuste cause o per difesa), della saggezza, delle strategie, delle tessiture, riconosciuta anche protettrice degli artigiani. Da un punto di vista mitologico, la figura di Minerva deriva da quella della dea Atena, suo corrispettivo nella mitologia greca. Come per Atena anche per Minerva l’animale sacro è la civetta, talvolta il gufo. Figlia della titanide Meti e del dio Giove, nacque dalla testa di quest’ultimo. Il bronzetto rappresenta la divinità stante con la gamba sinistra a sostegno del corpo e la destra leggermente flessa; indossa un chitone (tunica) manicato e un himation (mantello) pendente dalla spalla sinistra che avvolge la vita e ricade sull’avambraccio sinistro. Il braccio destro è reciso, mentre la mano sinistra protesa in avanti tiene un serpente che si snoda sin sulla spalla.