Nemetia, la donna ligure

Rifugiati lassù, sulla Pietra, il nostro bel cielo terso ci faceva ancora sentire signori delle montagne, ma, abbassando lo sguardo ai piedi del pianoro, ci costringeva al contempo a seguire ogni manovra del Console e a presagire l’imminente nostra fine. A nulla valsero i sacrifici agli dei delle vette, che ci negarono infine la loro protezione. Rimasti senza armi, i nostri continuarono strenuamente a difendere il popolo delle montagne con le sole fionde, poi con bastoni, poi con le nude mani, poi … tutto fu concluso. Ora, nessuno più abita la nostra montagna sacra ed io, quaggiù, in questa pianura nebbiosa, fra il frastuono di carri che cigolano giorno e notte, fra gli odori acri di fornaci che bruciano i nostri sacri legni, serva di un uomo di cui non comprendo la lingua, piegata ad ogni suo desiderio, verso lacrime mute sulla mia bella Pietra, sul suo cielo terso, sulle foreste odorose, sulla mia fiera nazione, sull’adorato mio sposo, straziato mentre offriva se stesso per salvare il suo popolo, sulla mia piccolina trascinata non so dove a servire non so chi.

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