Alberto Pansa

162 – IN DIFESA DEGLI ARMENI

Alberto Pansa nacque a Torino nel 1844. La madre, Carolina, era sorella del patriota reggiano, costretto all’esilio nel 1831, dott. Prospero Pironi. Si laureò in giurisprudenza ed entrò, giovanissimo nel 1865, nella carriera diplomatica. Allievo di Costantino Nigra e segretario del Ministro Emilio Visconti Venosta. Alberto Pansa curò, nel 1870, il trasferimento del Ministro degli Esteri da Firenze a Roma, nuova capitale del Regno d’Italia. Pansa fu in seguito consigliere di ambasciata ad Atene, Bucarest, Belgrado quindi Costantinopoli, poi Budapest. La sua formazione avvenne quindi nel gran calderone balcanico, che in quegli anni produceva, come si diceva nelle cancellerie, “più storia di quanta sia in grado di sopportarne”.
Nel 1884 Pansa, già quarantenne, sposò la bellissima Maria Gigli Cervi diciassettenne. Ben presto, grazie agli appoggi di Rudinì e Giolitti, ministri poi presidenti del Consiglio, la sua carriera si sviluppò. Dopo alcuni anni, a Pechino ed al Cairo, Pansa tornò a Cospoli (così era chiamata Costantinopoli nel gergo diplomatico) come ambasciatore. Seguirono Londra e Berlino, dove nel 1913 Pansa si dimise essendo contrario alla guerra coloniale in Libia: nominato senatore nel 1905, morì nel 1928. Alberto ereditò, dalla madre, diversi possedimenti nel reggiano e con perseveranza e senso degli affari, tipicamente piemontese, operò negli anni per giungere, attraverso vendite, acquisti e permute, alla formazione di una grande tenuta a Cà del Vento. Qui, vicino alla villa che vi aveva costruito, Pansa volle essere sepolto.
Prudenza, moderazione, correttezza nei rapporti, capacità di anteporre le scelte politiche anche ai moti dei propri sentimenti, erano le qualità che contraddistinguevano l’attività di Pansa. Tutte queste qualità sembrarono venir meno nell’ agosto-settembre del 1895. A Costantinopoli iniziò il massacro degli Armeni. Pansa non esitò (lo sappiamo dai suoi diari) a protestare vivacemente col Sultano, a giungere quasi alla rissa con ufficiali ottomani ma soprattutto trasformò l’ambasciata in un sicuro rifugio. Centinaia di armeni furono ospitati ed i nostri marinai garantirono in armi la loro protezione. (A.M.)
Dove: For inspiration only, Diorama B