Naborre Campanini

203 – NABORRE, IL PITO E LA CHIESA SMONTATA

Alcuni credono, forse con reminescenze cabalistiche, che nel nome dell’uomo sia già compreso il suo destino. Naborre Campanini (1850 – 1925) conferma questa credenza. Il nome, peraltro assai inusuale, deriva dall’antico babilonese “Nabori” letteralmente “amico di Nebo”. Nebo è la divinità protettrice dell’arte dello scrivere. E Naborre scrive: scrive per tutta la vita. Legato agli ambienti Carducciani compone rime, dirige giornali, pronuncia discorsi, produce saggi di storia, si impegna nella critica d’arte, è protagonista di una “Lectura Dantis” in OrsanMichele a Firenze, è lui che chiama Carducci a tenere il discorso celebrativo per il centenario del Tricolore nel 1879. Ci lascia una bibliografia sterminata. Naborre è però uomo di molteplici talenti e interessi. Idealmente liberale, è membro della Società del Pito (il nome deriva dalla consuetudine di ritrovarsi a mangiare tacchino arrosto al ristorante “Pesce d’oro”) vero e proprio “Brain trust” della classe dirigente reggiana. Questa appartenenza non gli impedisce di essere legato da sincera amicizia a Camillo Prampolini ed al sindaco socialista Luigi Roversi. Campanini frequenta gli affermati pittori Gaetano Chierici e Cirillo Manicardi e lo scultore Riccardo Secchi ma è lui che ottiene i sussidi affinché i giovanissimi Augusto Mussini e Giovanni Costetti possano perfezionarsi a Firenze. Campanini è pure archeologo, prosegue gli scavi di Chierici a Canossa, ma, prima di tutto, è il direttore dei Musei per 35 anni, dal 1880 al 1925. Al suo impegno si debbono, nel 1902 l’inaugurazione della Pinacoteca e del Portico dei marmi, nel 1903 del Museo del Risorgimento, nel 1904 della collezione di Arti Industriali. Nel suo ruolo di ispettore ai monumenti si oppone ad ogni manomissione o abbattimento di antiche vestigia. Fa solo un’eccezione, autorizza l’abbattimento della chiesa di San Giacomo Maggiore. Forse Campanini non riesce ad opporsi alla Banca d’Italia che vuole costruire la sua sede. I maliziosi raccontano che non c’è opposizione perché l’abbattimento risulta vantaggioso per una famiglia patrizia molto legata a Campanini. E’ assai nota la sua fama di “tombeur de femmes”. Quasi a riparazione di questo scempio la chiesa smontata è trasferita al Museo. Nelle collezioni sono compresi i capitelli, le terrecotte, le lapidi, le sculture di Bartolomeo Spagni ed i pavimenti a mosaico della chiesa di San Giacomo Maggiore. (A.M.)
Dove: For inspiration only, Diorama A